Direi che così non si può andare avanti. Non so perché avere un blog attivo in cui non scrivo più niente mi mette ansia, come lasciare in casa una finestra aperta prima di partire per un viaggio in pieno inverno senza sapere se tornerò.
Colpa del tempo.
Il tempo che non c'è.
Per cui direi così: ora vado. E poi lascio fare al destino, con la d minuscola. Perché pur non lamentando nessun particolare scompenso, non si può proprio dire che sia in vena di magnifiche sorti e progressive.
Buon viaggio a tutti.
Nella scelta sofferta di un'icona che mi rappresentasse ho transitato dalle mele al santino. In termini veterotestamentari sarebbe come dire: dal peccato alla virtù. E sono cose.
martedì 26 ottobre 2010
domenica 19 settembre 2010
Competizione tra vecchie ciabatte
Forpen. Interno giorno. Tra gli scaffali s'aggirano tre donne. Una delle tre sono io.
Non le guardo direttamente in faccia perché sarebbe scortese, ma l'ausilio della coda dell'occhio è sufficiente a farmi rilevare senza sforzo che abbiamo tutte all'incirca la stessa età.
La prima esce dal negozio e la commessa: arrivederci signora!
La seconda esce dal negozio e la conmmessa: arrivederci signora!
La terza sono io. Esco dal negozio, e la commessa: allora ciao!
Miseria mortadella, l'avrei baciata in bocca. E non è cattiveria.
E' solo che si diventa un filino competitive con l'incedere verso la mezza età.
Non le guardo direttamente in faccia perché sarebbe scortese, ma l'ausilio della coda dell'occhio è sufficiente a farmi rilevare senza sforzo che abbiamo tutte all'incirca la stessa età.
La prima esce dal negozio e la commessa: arrivederci signora!
La seconda esce dal negozio e la conmmessa: arrivederci signora!
La terza sono io. Esco dal negozio, e la commessa: allora ciao!
Miseria mortadella, l'avrei baciata in bocca. E non è cattiveria.
E' solo che si diventa un filino competitive con l'incedere verso la mezza età.
lunedì 30 agosto 2010
Il miracolo della conversione delle topone
E’ che quando leggi che Gheddafi viene in Italia per un’iniziativa austera come la promozione del Corano presso un gruppo di adepte al culto di Nostra Signore delle Vergini Smutandate, e che oltretutto la cerimonia si svolge nel contesto sobrio degli incontri spirituali intimamente sentiti, con l'attenta scrematura vocazionale delle figliole a cura del pio istituto hostessweb, ti viene spontaneo pensare che non deve essere un caso se un capo di stato straniero, desiderando mettere in atto un’iniziativa da festival dell’orrido, sceglie senza esitazioni di realizzarla in Italia.
Io dico che ci sono margini di sfruttamento clamorosi sotto il profilo dell’incentivazione turistica. E’ la nuova frontiera del leisure time. Metti che tu sia un personaggio molto in vista e che questo ti obblighi a mantenere un minimo sindacale di austerità nel luogo dove risiedi, mentre dentro di te brucia il fuoco sacro dell’esibizionismo e di notte sogni solo immense platee osannanti mentre sollevi le braccia al centro dell’arena del circo Togni vestito come Bozo il Clown, cosa puoi fare per dare seguito a una legittima pulsione senza pregiudicare il tuo ruolo istituzionale? Vieni in Italia e fai il cazzo che ti pare, come fanno tutti indipendentemente dalla funzione di responsabilità pubblica che ricoprono. Non devi occultare niente, neanche la fantasia più perversa. Qui ci sono tutte le strutture e la ricettività specialistica che ti servono. E finché la Brambilla resta alla guida del ministero, non c’è nemmeno bisogno di elaborare una strategia promozionale particolarmente raffinata. Basta guardarla per capire subito perché rivedichiamo con orgoglio di essere un paese che non ha confronti.
Io dico che ci sono margini di sfruttamento clamorosi sotto il profilo dell’incentivazione turistica. E’ la nuova frontiera del leisure time. Metti che tu sia un personaggio molto in vista e che questo ti obblighi a mantenere un minimo sindacale di austerità nel luogo dove risiedi, mentre dentro di te brucia il fuoco sacro dell’esibizionismo e di notte sogni solo immense platee osannanti mentre sollevi le braccia al centro dell’arena del circo Togni vestito come Bozo il Clown, cosa puoi fare per dare seguito a una legittima pulsione senza pregiudicare il tuo ruolo istituzionale? Vieni in Italia e fai il cazzo che ti pare, come fanno tutti indipendentemente dalla funzione di responsabilità pubblica che ricoprono. Non devi occultare niente, neanche la fantasia più perversa. Qui ci sono tutte le strutture e la ricettività specialistica che ti servono. E finché la Brambilla resta alla guida del ministero, non c’è nemmeno bisogno di elaborare una strategia promozionale particolarmente raffinata. Basta guardarla per capire subito perché rivedichiamo con orgoglio di essere un paese che non ha confronti.
Nella foto un eccellente esempio di sincretismo religioso fra il culto del Leader Unto e l'Islam: il Glorioso Corano su sfondo di tetta mistica
giovedì 26 agosto 2010
Inutile girarci intorno
Sopportare perché sono forte piuttosto che deludere perché sono infelice. Tollero il dolore meglio del giudizio, e non so dirlo meglio di così.
E' troppo stringato, oppure ho reso l'idea di quanto mi consideri incommensurabilmente imbecille?
E' troppo stringato, oppure ho reso l'idea di quanto mi consideri incommensurabilmente imbecille?
martedì 24 agosto 2010
Io le mele le amo. Ciò nonostante nel caso specifico avrei usato un po' più di prudenza
Domenica mattina a pranzo c'eravamo tutti, inclusa mia cognata caracollante. Ormai ha una pancia talmente grossa che non ci passa dalla porta. Per darvi un'idea di quanto sia avanzato lo stadio, vi dico solo che mio nipote potrebbe essere nato anche stanotte, e avrebbe fatto solo il dovere suo.
Insomma a un certo punto, come spesso accade in queste liete libagioni familiari che usano svolgersi intorno a una donna ripiena di bambino, qualcuno ha tirato fuori il partorirai con dolore.
Scherzosamente, va da sè. Mio nipote, l'altro, quello già nato da parecchio - 17 anni a ottobre, battezzato, comunicato, cresimato, a suo tempo un discreto cursus honorum da chierichetto - ascolta con curiosità il colorito adagio biblico e se lo fa anche ripetere. Noi lo ripetiamo: partorirai con dolore! E lui: ma dove sta scritta 'sta stronzata?
E' uno dei tati motivi per cui amo l'educazione cattolica. Perché forma piccoli soldatini e li manda in giro a propagare minchiate. Senza avere la minima idea di cosa stiano parlando.
Insomma a un certo punto, come spesso accade in queste liete libagioni familiari che usano svolgersi intorno a una donna ripiena di bambino, qualcuno ha tirato fuori il partorirai con dolore.
Scherzosamente, va da sè. Mio nipote, l'altro, quello già nato da parecchio - 17 anni a ottobre, battezzato, comunicato, cresimato, a suo tempo un discreto cursus honorum da chierichetto - ascolta con curiosità il colorito adagio biblico e se lo fa anche ripetere. Noi lo ripetiamo: partorirai con dolore! E lui: ma dove sta scritta 'sta stronzata?
E' uno dei tati motivi per cui amo l'educazione cattolica. Perché forma piccoli soldatini e li manda in giro a propagare minchiate. Senza avere la minima idea di cosa stiano parlando.
venerdì 20 agosto 2010
Scherza coi santi e poi vedi che ti capita
Hanno scippato la zia Laura. Un giorno che ho tempo la zia Laura giuro che ve la racconto, anche se poi in effetti non è davvero consanguinea. E' acquisita per via di marito. La zia Laura è un personaggio che pare venuto fuori sputato da certa letteratura provinciale. Che ne so. Fenoglio. Ma al limite anche Fogazzaro, perché basta vederla per sentire l'impulso irresistibile a mettersi all'uncinetto per cucire cinque o seimila centrini di pizzo. La zia Laura è stata scippata da due manigoldi, esattamente nel modo in cui ti immagini si svolgano azioni criminose di questo tipo. Per fortuna è caduta, ma non si è fatta male. Ha preso una botta al ginocchio, ma l'abbiamo già radiografata in lungo in largo e di traverso e siamo certi che non ci siano conseguenze irreversibili. Così gliel'abbiamo data e così ce l'hanno restituita.
La cosa che mi fa morire - con tutto il rispetto per la zia Laura - è che in borsa non aveva soldi. Neanche due svanziche d'euro, nemmeno gli spiccetti color bronzo da 1 centesimo che ti si infilano negli angolini del portamonete e se hai il french sulle unghie non riesci a recuperarli nemmeno incidendo il tessuto col diamante. Cosa che non costituisce un problema per la zia Laura, intendiamoci. Primo, non usa farsi il french. E secondo non aveva moneta di nessuna natura. Nella borsetta c'erano solo rosario e santini. Nient'altro.
E' che mi immagino la faccia dei due stronzi, ecco, una volta arrivati a ragionevole distanza dal luogo del crimine. Me li immagino che aprono la borsetta, frugano con animosità, e tutto quello che trovano sono rosario e santini. Me li immagino che si guardano l'uno con l'altro piuttosto increduli. E mi immagino benissimo il singolare sfrigolio prodotto dalla loro colossale presa in culo.
E' questo che mi rallegra, perché hanno spaventato la zia Laura che è una donna buona che non aveva fatto niente per meritarsi un trattamento del genere. Spero che li becchino, i pezzi di merda, e che li caccino in galera. Ché la soddisfazione più grande di tutte me la prenderei se si beccassero un paio d'anni a testa per sottrazione illecita di icona cristiana e annessi parafernalia liturgici.
La cosa che mi fa morire - con tutto il rispetto per la zia Laura - è che in borsa non aveva soldi. Neanche due svanziche d'euro, nemmeno gli spiccetti color bronzo da 1 centesimo che ti si infilano negli angolini del portamonete e se hai il french sulle unghie non riesci a recuperarli nemmeno incidendo il tessuto col diamante. Cosa che non costituisce un problema per la zia Laura, intendiamoci. Primo, non usa farsi il french. E secondo non aveva moneta di nessuna natura. Nella borsetta c'erano solo rosario e santini. Nient'altro.
E' che mi immagino la faccia dei due stronzi, ecco, una volta arrivati a ragionevole distanza dal luogo del crimine. Me li immagino che aprono la borsetta, frugano con animosità, e tutto quello che trovano sono rosario e santini. Me li immagino che si guardano l'uno con l'altro piuttosto increduli. E mi immagino benissimo il singolare sfrigolio prodotto dalla loro colossale presa in culo.
E' questo che mi rallegra, perché hanno spaventato la zia Laura che è una donna buona che non aveva fatto niente per meritarsi un trattamento del genere. Spero che li becchino, i pezzi di merda, e che li caccino in galera. Ché la soddisfazione più grande di tutte me la prenderei se si beccassero un paio d'anni a testa per sottrazione illecita di icona cristiana e annessi parafernalia liturgici.
mercoledì 18 agosto 2010
In rock veritas
Il film per la verità non m'era piaciuto molto. A parte la solita traduzione del cazzo - ma per quale motivo The boat that rocked deve diventare I love radio rock? - adesso mi spiego meglio perché. Se scene come queste sono state tagliate per lasciarne altre non memorabilissime, la logica di fondo è evidentemente abbastanza lontana dal buon senso estetico. Misteri della celluloide.
Ad ogni modo è bellissima e mi ha messo un'allegria pazzesca. Il che dipende da diverse ragioni, di cui probabilmente la più significativa è: ossignoreiddio se mi piace ballare!
Ad ogni modo è bellissima e mi ha messo un'allegria pazzesca. Il che dipende da diverse ragioni, di cui probabilmente la più significativa è: ossignoreiddio se mi piace ballare!
sabato 14 agosto 2010
Estinzioni senza dignità
Siccome malgrado le evidenti inclinazioni all'apostasia non dimentico mai di essere una donna educata alla fede nel dio di Abramo e Isacco - perché certe cose quando te le insegnano da piccola ti restano sempre dentro, anche quando operi ogni sforzo consapevole per liberartene - ho sempre avuto la debolezza di credere che la fine del mondo sarebbe stata preceduta da segnali piuttosto classici: comete, epidemie, guerre, pestilenze o altri piccoli divertissement di genere, del tutto analoghi a quelli che si trovano sparsi in lungo in largo nella bibbia. Diciamoci la verità: è che ho proprio sempre avuto una speciale predilezione per quel genere letterario. Il deserto mi seduce. Fondamentalmente ho un animus veterotestamentario.
Però a pensarci meglio m'è venuto il sospetto di essermi illusa. Non tanto sulla fine del mondo prossima ventura, che mi sembra comunque un'eventualità meno remotamente improbabile dell'ipotesi che Berlusconi si tolga finalmente dai coglioni, per dire. Ma sulla dignità dell'armageddon che ci aspetta. Perché il deserto e le comete fiammeggianti, gli oceani che si dividono e la Grande Meretrice che attraversa la terra portando con sè morte e distruzione, sono pure sempre immaginari che bisogna meritarsi. Se attraversi il deserto per 40 anni mangiando cavallette e scorpioni allora sei degno di un'apocalisse come dio comanda.
Ma se invece appartieni a una civiltà che ritiene sia necessario imbarcarsi nella produzione di 4 morbidi piedini in Technogel® da posizionare sotto il notebook o direttamente sulla scrivania, allora l'unica apocalisse che ti meriti è quella che ti coglierà di fronte alla televisione sottraendoti l'ultimo respiro senza che tu nemmeno te ne accorga.
Quando arriverà l'alba del nuovo mondo nessuno sopravviverà sul pianeta, e l'unica luce intermittente ancora percepibile sarà quella di milioni di schermi a cristalli liquidi sintonizzati sulla siglia finale del Grande Fratello. E questo è quanto.
Però a pensarci meglio m'è venuto il sospetto di essermi illusa. Non tanto sulla fine del mondo prossima ventura, che mi sembra comunque un'eventualità meno remotamente improbabile dell'ipotesi che Berlusconi si tolga finalmente dai coglioni, per dire. Ma sulla dignità dell'armageddon che ci aspetta. Perché il deserto e le comete fiammeggianti, gli oceani che si dividono e la Grande Meretrice che attraversa la terra portando con sè morte e distruzione, sono pure sempre immaginari che bisogna meritarsi. Se attraversi il deserto per 40 anni mangiando cavallette e scorpioni allora sei degno di un'apocalisse come dio comanda.
Ma se invece appartieni a una civiltà che ritiene sia necessario imbarcarsi nella produzione di 4 morbidi piedini in Technogel® da posizionare sotto il notebook o direttamente sulla scrivania, allora l'unica apocalisse che ti meriti è quella che ti coglierà di fronte alla televisione sottraendoti l'ultimo respiro senza che tu nemmeno te ne accorga.
Quando arriverà l'alba del nuovo mondo nessuno sopravviverà sul pianeta, e l'unica luce intermittente ancora percepibile sarà quella di milioni di schermi a cristalli liquidi sintonizzati sulla siglia finale del Grande Fratello. E questo è quanto.
venerdì 6 agosto 2010
A ognuno la sua croce
Io, si sa, amo le scarpe. Un particolare tipo di scarpa. In effetti forse sarebbe più corretto dire che mi piacciono i tacchi. Ma non solo: rifuggo all'idea di servirmi delle scarpe come decorazioni per cabine armadio. Secondo me, se una donna esborsa cifre considerevoli per una passione, poi deve viversela alla luce del sole senza farsi turbare da considerazioni di opportunità, sennò è feticismo.
Siccome la maggior parte della mia vita trascorre a casa a studiare oppure in biblioteca a lavorare, va da sè che il luogo privilegiato in cui tendo a fare uso di tacchi è il lavoro. Poichè ho sviluppato solide competenze in materia di ingegneria dei materiali, quando entro in un negozio ho imparato a distinguere al volo il tacco portabile per otto ore, da quello che non può essere nella maniera più assoluta vincolato a spostamenti superiori ai 3 metri per 2. Ci sono tacchi con cui puoi uscire la sera se la destinazione si presta, ma che non ti puoi nemmeno sognare di indossare al lavoro, specie in una biblioteca sviluppata su due piani. In ogni caso sareste sorpresi di scoprire che percentuale di indipendenza vige nello heel holoverse fra le variabili altezza/comodità. Certi tacchi da 6 centimetri possono ucciderti, e altri da 10 essere portabilissimi. Dipende da un'infinità di caratteristiche che virtualmente potrebbero essere appassionanti quanto il catalogo delle balene che solcano le acque dell'Atlantico in Moby Dick. Libro straordinario. Siccome però io non sono Melville, direi che sulle tipologie di tacchi soprassediamo. Però fidatevi di me: avendo occhio, competenze e passione, i tacchi alti si possono portare anche in ufficio.
Ora non è mia intenzione raccontarvi che a forza di portarli diventano comodi come le infradito. Practice makes perfect, d'accordo, ma ci sono dei limiti strutturali oltre i quali non è ragionevole illudersi. I tacchi sono abbastanza scomodi. Terribili all'inizio. Via via più semplici da gestire man mano che li porti. Ma è raro che assurgano mai a esperienza paradisiaca a meno che uno non abbia una sessualità fortemente orientata al masochismo. Cosa che del resto si può dire di un'infinità di altre esperienze nella vita.
Ciò nonostante non smette mai di soprendermi la frequenza con cui mi imbatto in colleghe o conoscenti che so quotidianamente oberate da impegni massacranti, e ininterrottamente intente a pulire, lavare, spazzare, lucidare, accompagnare, sostenere, supportare, sacrificare, tacere, reprimere, sublimare, giustificare, ricucire, ascoltare, e rinuciare - soprattutto rinunciare - che mi osservano a lungo vagamente sorprese e mi chiedono: ma tu come fai a sopportare certi tacchi al lavoro?
Vi dirò, ne ho tratto una massima. Nella vita siamo tutti costretti a impegnarci in cose che incontrano poco o nulla il nostro gradimento. Secondo me il segreto della felicità consiste nello scegliersi quelle che più si confanno alla nostra natura.
Io dei tacchi posso dirlo. Loro non so. Ma alla prima occasione glielo chiedo senz'altro.
Siccome la maggior parte della mia vita trascorre a casa a studiare oppure in biblioteca a lavorare, va da sè che il luogo privilegiato in cui tendo a fare uso di tacchi è il lavoro. Poichè ho sviluppato solide competenze in materia di ingegneria dei materiali, quando entro in un negozio ho imparato a distinguere al volo il tacco portabile per otto ore, da quello che non può essere nella maniera più assoluta vincolato a spostamenti superiori ai 3 metri per 2. Ci sono tacchi con cui puoi uscire la sera se la destinazione si presta, ma che non ti puoi nemmeno sognare di indossare al lavoro, specie in una biblioteca sviluppata su due piani. In ogni caso sareste sorpresi di scoprire che percentuale di indipendenza vige nello heel holoverse fra le variabili altezza/comodità. Certi tacchi da 6 centimetri possono ucciderti, e altri da 10 essere portabilissimi. Dipende da un'infinità di caratteristiche che virtualmente potrebbero essere appassionanti quanto il catalogo delle balene che solcano le acque dell'Atlantico in Moby Dick. Libro straordinario. Siccome però io non sono Melville, direi che sulle tipologie di tacchi soprassediamo. Però fidatevi di me: avendo occhio, competenze e passione, i tacchi alti si possono portare anche in ufficio.
Ora non è mia intenzione raccontarvi che a forza di portarli diventano comodi come le infradito. Practice makes perfect, d'accordo, ma ci sono dei limiti strutturali oltre i quali non è ragionevole illudersi. I tacchi sono abbastanza scomodi. Terribili all'inizio. Via via più semplici da gestire man mano che li porti. Ma è raro che assurgano mai a esperienza paradisiaca a meno che uno non abbia una sessualità fortemente orientata al masochismo. Cosa che del resto si può dire di un'infinità di altre esperienze nella vita.
Ciò nonostante non smette mai di soprendermi la frequenza con cui mi imbatto in colleghe o conoscenti che so quotidianamente oberate da impegni massacranti, e ininterrottamente intente a pulire, lavare, spazzare, lucidare, accompagnare, sostenere, supportare, sacrificare, tacere, reprimere, sublimare, giustificare, ricucire, ascoltare, e rinuciare - soprattutto rinunciare - che mi osservano a lungo vagamente sorprese e mi chiedono: ma tu come fai a sopportare certi tacchi al lavoro?
Vi dirò, ne ho tratto una massima. Nella vita siamo tutti costretti a impegnarci in cose che incontrano poco o nulla il nostro gradimento. Secondo me il segreto della felicità consiste nello scegliersi quelle che più si confanno alla nostra natura.
Io dei tacchi posso dirlo. Loro non so. Ma alla prima occasione glielo chiedo senz'altro.
venerdì 30 luglio 2010
Hic sunt leones
Secondo me uno dei lussi sfrenati della vita consiste nel potersi sedere in un caffè all'aperto e osservare la gente che passeggia per strada oppure si siede al tavolino accanto al tuo. Se poi nello stesso frangente posso bere un caffè macchiato e magari fumarmi una sigaretta, raggiungo vette di piacere metafisico. Sempre pensato che la vita da pensionata mi piacerà un sacco. Non ho vizi costosi, e nemmeno particolarmente originali.
Oggi al bar verso le tre c'ero solo io, più due bambini cinesi che avranno avuto al massimo nove anni in due. Il papà gli ha comprato un gelato gigante ciascuno. Il maschio ha preso tutta cioccolata, la bimba invece una cosa di colore chiaro che poteva essere vaniglia o limone. Poi si sono seduti compiti chiacchierando di cineserie accanto a me, e hanno preso a ciucciare assumendo quella postura tipica che è propria di tutti i bambini che leccano un cono ai quattro angoli del mondo. Una specie di rito per affiliati al culto del dio dei dolciumi. Il cono viene sollevato verso l'alto e il bimbo se lo succhia dal basso come se stesse dicendo una preghiera, infilandoci dentro il muso e lasciando fuori il minimo necessario per continuare a respirare, oltre che spalmandose una metà tutto intorno alla faccia. Il bimbo che mangia il gelato senza cambiare connotati se lo gode meno della metà.
Era evidente che si trattava di cinesi locali, si capiva dalla familiarità con cui i due bambini si muovevano per la piazza e nel bar. Gente del posto, e il posto a cui mi riferisco è un paesino dell'alta padovana di 6000 anime. Monochiesa, monofarmacia, monotabacchi, per capirci, e se non ti piace quello che trovi ti tocca cambiare comune di residenza. I bambini erano ancora troppo piccoli per parlare l'italiano. Facile che lo capiscano abbastanza, ma la scioltezza gli verrò solo quando cominceranno ad andare a scuola.
Li guardavo e pensavo che questi due ragazzini che adesso comunicano fra loro in una lingua per me totalmente estranea, tra meno di dieci anni cominceranno a scambiarsi sms in cantonese stretto del tipo: dove sito finìo, mona, e xè do' ore che speto! Anche questa, volendo, una lingua abbastanza al di fuori della mia portata, almeno fino a poco tempo fa. Ma poi, si sa, quando non ci sono alternative siamo tutti bravi ad apprendere l'arte di fare di necessità virtù e se il destino ce lo impone impariamo anche a muoverci in terreni linguisticamente ostili.
A me questa cosa dà un brivido di piacere infinito. Un'italianità maculata, rinnovata, imbastardita, che poi sarebbe all'incirca la stessa cosa che successe una quindicina di secoli fa ai confini dell'impero. La tua forza propulsiva è esaurita. Quello che di buono potevi fare te lo sei già lasciato alle spalle. Adesso, se sei furbo, permetti ad altri di prendere il tuo posto, ma fallo con grazia. Lascia che ereditino quello che hai prodotto e che merita di essere salvato, e dà loro il potere di reinventarlo con l'apporto di un codice genetico nuovo. Permetti a una civiltà rinnovata di emergere dalle ceneri di quella che l'ha preceduta. Lascia che le cose cambino, anche se questo significa accettare che sei venuto al mondo solo per assistere al declino della tua storia particolare. Magari alla prossima vita, se proprio ci tieni, ti toccherà qualche apogeo di civilità. Ma per il momento questo è il nostro destino, e amme mi piace un sacco. Primo, perché preferisco sempre il cambiamento alla staticità. E secondo perchè opporsi è clamorosamente inutile. Mettitela in tasca, Umberto: se la prossima generazione dovrà scegliere tra il frutto purissimo dei tuoi lombi e quello bastardo della razza che verrà, il destino della Trota è segnato. Perché come i barbari allora, loro sono molto più numerosi, forti e determinati. Mentre a te a forza di rimescolare sempre gli stessi geni insteriliti dai formaggi della Val Trompia lo vedi che t'è uscito fuori?
Col che si dimostra, tra l'altro, che alla fine di un ciclo c'è sempre giustizia a questo mondo.
Oggi al bar verso le tre c'ero solo io, più due bambini cinesi che avranno avuto al massimo nove anni in due. Il papà gli ha comprato un gelato gigante ciascuno. Il maschio ha preso tutta cioccolata, la bimba invece una cosa di colore chiaro che poteva essere vaniglia o limone. Poi si sono seduti compiti chiacchierando di cineserie accanto a me, e hanno preso a ciucciare assumendo quella postura tipica che è propria di tutti i bambini che leccano un cono ai quattro angoli del mondo. Una specie di rito per affiliati al culto del dio dei dolciumi. Il cono viene sollevato verso l'alto e il bimbo se lo succhia dal basso come se stesse dicendo una preghiera, infilandoci dentro il muso e lasciando fuori il minimo necessario per continuare a respirare, oltre che spalmandose una metà tutto intorno alla faccia. Il bimbo che mangia il gelato senza cambiare connotati se lo gode meno della metà.
Era evidente che si trattava di cinesi locali, si capiva dalla familiarità con cui i due bambini si muovevano per la piazza e nel bar. Gente del posto, e il posto a cui mi riferisco è un paesino dell'alta padovana di 6000 anime. Monochiesa, monofarmacia, monotabacchi, per capirci, e se non ti piace quello che trovi ti tocca cambiare comune di residenza. I bambini erano ancora troppo piccoli per parlare l'italiano. Facile che lo capiscano abbastanza, ma la scioltezza gli verrò solo quando cominceranno ad andare a scuola.
Li guardavo e pensavo che questi due ragazzini che adesso comunicano fra loro in una lingua per me totalmente estranea, tra meno di dieci anni cominceranno a scambiarsi sms in cantonese stretto del tipo: dove sito finìo, mona, e xè do' ore che speto! Anche questa, volendo, una lingua abbastanza al di fuori della mia portata, almeno fino a poco tempo fa. Ma poi, si sa, quando non ci sono alternative siamo tutti bravi ad apprendere l'arte di fare di necessità virtù e se il destino ce lo impone impariamo anche a muoverci in terreni linguisticamente ostili.
A me questa cosa dà un brivido di piacere infinito. Un'italianità maculata, rinnovata, imbastardita, che poi sarebbe all'incirca la stessa cosa che successe una quindicina di secoli fa ai confini dell'impero. La tua forza propulsiva è esaurita. Quello che di buono potevi fare te lo sei già lasciato alle spalle. Adesso, se sei furbo, permetti ad altri di prendere il tuo posto, ma fallo con grazia. Lascia che ereditino quello che hai prodotto e che merita di essere salvato, e dà loro il potere di reinventarlo con l'apporto di un codice genetico nuovo. Permetti a una civiltà rinnovata di emergere dalle ceneri di quella che l'ha preceduta. Lascia che le cose cambino, anche se questo significa accettare che sei venuto al mondo solo per assistere al declino della tua storia particolare. Magari alla prossima vita, se proprio ci tieni, ti toccherà qualche apogeo di civilità. Ma per il momento questo è il nostro destino, e amme mi piace un sacco. Primo, perché preferisco sempre il cambiamento alla staticità. E secondo perchè opporsi è clamorosamente inutile. Mettitela in tasca, Umberto: se la prossima generazione dovrà scegliere tra il frutto purissimo dei tuoi lombi e quello bastardo della razza che verrà, il destino della Trota è segnato. Perché come i barbari allora, loro sono molto più numerosi, forti e determinati. Mentre a te a forza di rimescolare sempre gli stessi geni insteriliti dai formaggi della Val Trompia lo vedi che t'è uscito fuori?
Col che si dimostra, tra l'altro, che alla fine di un ciclo c'è sempre giustizia a questo mondo.
Dubbi entropici
Com'è che a me quando mi tocca il turno del coltello dalla parte del manico m'assale sempre quest'ossessione della pietà per i vinti? Perché per una volta almeno nella vita non sono capace di catafottermene alla grandissima?
Non starei meglio, questo lo so. Ma servirebbe almeno a riportare lo stato delle cose a una condizione di elementare equilibrio.
Non starei meglio, questo lo so. Ma servirebbe almeno a riportare lo stato delle cose a una condizione di elementare equilibrio.
martedì 27 luglio 2010
Dei molti modi in cui si possono mandare in vacca i benefici di un massaggio
Appena rientrata dalla mia terapeutica sedutina di massaggi mi sono resa conto di una cosa che avevo visualizzato sotto le mani di Karima e poi rimosso all'istante. C'era una radio che diffondeva musica da qualche parte, e a un certo punto in perfetta coerenza stagionale è partita Last Christmas - ma nel merito preferirei sorvolare perché è una lagna che mi faceva cagare all'epoca in cui uscì esattamente come oggi.
Solo che in preda a un feroce attacco di stream of consciousness m'è venuto in mente che si tratta di una canzone dei primi anni '80, e subito dopo che Karima nei primi anni '80 non solo non era nata, ma non era nemmeno in procinto di. Quando è nata Karima, George Michael era già notoriamente gay. E tutti noi sappiamo che fra le cesure tramite cui ci è necessario periodizzare la storia del mondo compare a pieno titolo anche quella che divide un ante e un post gaiezza di George. Chè lo sa il cielo quanto scopabile ci pareva prima che un dio cinico e baro lo sottraesse al nostro pudico panorama di sognanti voluttà postpuberali per consegnarlo a quello delll'altra metà del cielo.
Karima, verosimilmente, sarà nata agli inizi degli anni '90, il che significa che l'effetto che fa a lei una lagna vomitosa come Last Christmas non è molto diverso da quello che fa a noi Vola colomba bianca vola. George Micheal è la Nilla Pizzi della generazione di Karima, che già di suo è una notizia che fa male. Specie se tu invece appartieni a quella di George Micheal.
Ma poi torno a casa e leggo un post del signor Montecristo che fa all'incirca le stesse considerazioni che ho appena fatto io presenziando a un concerto di Elio e Le Storie Tese, e la tristezza e lo sconforto dilagano senza freni. Ci ho pensato. Com'è che per alcuni di noi è tanto difficile rassegnarsi a questa ovvietà? Forse ci frega il fatto di non avere figli. Per cui ne ho tratto questa considerazione: se vuoi continuare a sentirti giovane, non metterti in casa nessuno che possa negare l'evidenza. Se proprio ti tocca farti carico di uno che sbrodola incapace di badare a se stesso, al limite meglio nonno.
Solo che in preda a un feroce attacco di stream of consciousness m'è venuto in mente che si tratta di una canzone dei primi anni '80, e subito dopo che Karima nei primi anni '80 non solo non era nata, ma non era nemmeno in procinto di. Quando è nata Karima, George Michael era già notoriamente gay. E tutti noi sappiamo che fra le cesure tramite cui ci è necessario periodizzare la storia del mondo compare a pieno titolo anche quella che divide un ante e un post gaiezza di George. Chè lo sa il cielo quanto scopabile ci pareva prima che un dio cinico e baro lo sottraesse al nostro pudico panorama di sognanti voluttà postpuberali per consegnarlo a quello delll'altra metà del cielo.
Karima, verosimilmente, sarà nata agli inizi degli anni '90, il che significa che l'effetto che fa a lei una lagna vomitosa come Last Christmas non è molto diverso da quello che fa a noi Vola colomba bianca vola. George Micheal è la Nilla Pizzi della generazione di Karima, che già di suo è una notizia che fa male. Specie se tu invece appartieni a quella di George Micheal.
Ma poi torno a casa e leggo un post del signor Montecristo che fa all'incirca le stesse considerazioni che ho appena fatto io presenziando a un concerto di Elio e Le Storie Tese, e la tristezza e lo sconforto dilagano senza freni. Ci ho pensato. Com'è che per alcuni di noi è tanto difficile rassegnarsi a questa ovvietà? Forse ci frega il fatto di non avere figli. Per cui ne ho tratto questa considerazione: se vuoi continuare a sentirti giovane, non metterti in casa nessuno che possa negare l'evidenza. Se proprio ti tocca farti carico di uno che sbrodola incapace di badare a se stesso, al limite meglio nonno.
Holy sign
I was going for a walk near Los Angeles. There was a collapsed building that had burned down 40 years ago. The roof was gone. Trees were growing inside the building and it struck me as beautiful, wonderful to see how form returns to the formless. The city council had put up a sign which to me was a sacred sutra. The sign said: 'Danger, all structures are unstable'. To me, that was a holy sign. I said 'thank you'.
Eckart Tolle
E be' anch'io, nel mio piccolo, l'avrei presa proprio così. Tenuto conto poi che la città è Los Angeles...
Puttana miseria come sa essere inesplicabilmente bella e misteriosa la vita.
Eckart Tolle
E be' anch'io, nel mio piccolo, l'avrei presa proprio così. Tenuto conto poi che la città è Los Angeles...
Puttana miseria come sa essere inesplicabilmente bella e misteriosa la vita.
venerdì 23 luglio 2010
E' questo che significa esercitare il Potere
Accanto al mio albergo c’era un’area termale gigantesca. Duemila metri quadri di sulfureo benessere. Saune calde, tiepide, umide, secche, vaporizzate, aromatizzate o bollenti. Saune per tutti i gusti. E tra una sauna e l’altra, piscine termali di acqua calda gettate come perle in mezzo alle montagne. Ti mettevi a fare il morto a pancia in su e tutto intorno a te a 360 gradi vedevi solo massicci alpini placidi come pietrose mucche ruminanti. Solo quello valeva la vacanza. Ma il destino è stato generoso con me, e insieme ai 2000 mq di vaporosa ed essudante voluttà m’ha regalato anche dell‘altro.
La zona termale era di rigorosa filosofia nudista, una cosa che da italiana m’ha lasciato a bocca aperta. Perché a casa nostra c’è la tendenza a farsi condizionare dai limiti dell’estetica. Ti spogli se te lo puoi permettere. Se sei abbastanza giovane, abbastanza bello, abbastanza magro, abbastanza appetibile sotto il profilo sessuale rigorosamente circoscritto dall‘estetica da rotocalco, quella per cui la sensualità è una questione di maggiore o minore aderenza al Parametro, si intende. Altrimenti vale il principio che più ti copri e meglio è.
Invece nei paesi del nord non gliene frega una mazza a nessuno, e onestamente, una volta tanto, non si possono nemmeno invocare i lacciuoli della devozione, ché in Tirolo sono cattolici come e più di noi. E’ proprio una questione di libertà interiore rispetto ai vincoli imposti dalla morale cosmetica.
Ho capito che avrei adorato quel luogo proprio l’ultimo giorno, quando ho visto incedere sulla scala della vasca centrale una donna di quasi 70 anni che sembrava la riproduzione perfetta della Venere di Willendorf. Una tracimante divinità macroespansa che era larga quanto alta e non manifestava altra Verità che non fosse la serena consapevolezza di coincidere con il suo corpo nudo. E’ scesa in piscina e s’è lasciata andare al ritmo dell’acqua con bracciate placide e lente, e quando è arrivata proprio in mezzo alla vasca, s’è girata a pancia in su e ha allargato le braccia. Era una visione ipnotica. Una gigantessa galleggiante con le tette enormi che emergevano sulla linea dell’acqua come creature primordiali. Io, povera troglodita della consapevolezza, che sapevo bene con quanto minore charme avevo sceso quella scala, l‘ho osservata a lungo come la creatura superiore che era. Ho scrutato il suo corpo che beccheggiava appena al ritmo delle increspature, e ho subito talmente quel fascino primitivo da dea della terra e degli inferi, che non mi sarei stupita se dalla sua vulva sfacciata e nuda avessero cominciato a uscire creature mitologiche: serpenti acquatici, idre spinate, gorgoni e meduse, sirene, uccelli piumati, fenici e uroboros, e se da quel punto preciso del suo ventre, il Vuoto all’origine del mondo, avessero preso a moltiplicarsi e a riempire la terra. Dopo un po’ è uscita dall‘acqua. Ha preso l’accappatoio, se l’è passato sul viso, e poi s’è incamminata gocciolando verso la sua sdraio. Ed è stato quando s’è sdraiata spalancando le gambe come per una spaccata in orizzontale che ho capito che l’avrei ricordata per sempre. Volevo accorrere da lei, inginocchiarmi e supplicarla: ti prego, fa’ di me la sacerdotessa del tuo culto.
Poi, vabbè, alla fine non l’ho fatto. Però ci sono andata a tanto così.
La zona termale era di rigorosa filosofia nudista, una cosa che da italiana m’ha lasciato a bocca aperta. Perché a casa nostra c’è la tendenza a farsi condizionare dai limiti dell’estetica. Ti spogli se te lo puoi permettere. Se sei abbastanza giovane, abbastanza bello, abbastanza magro, abbastanza appetibile sotto il profilo sessuale rigorosamente circoscritto dall‘estetica da rotocalco, quella per cui la sensualità è una questione di maggiore o minore aderenza al Parametro, si intende. Altrimenti vale il principio che più ti copri e meglio è.
Invece nei paesi del nord non gliene frega una mazza a nessuno, e onestamente, una volta tanto, non si possono nemmeno invocare i lacciuoli della devozione, ché in Tirolo sono cattolici come e più di noi. E’ proprio una questione di libertà interiore rispetto ai vincoli imposti dalla morale cosmetica.
Ho capito che avrei adorato quel luogo proprio l’ultimo giorno, quando ho visto incedere sulla scala della vasca centrale una donna di quasi 70 anni che sembrava la riproduzione perfetta della Venere di Willendorf. Una tracimante divinità macroespansa che era larga quanto alta e non manifestava altra Verità che non fosse la serena consapevolezza di coincidere con il suo corpo nudo. E’ scesa in piscina e s’è lasciata andare al ritmo dell’acqua con bracciate placide e lente, e quando è arrivata proprio in mezzo alla vasca, s’è girata a pancia in su e ha allargato le braccia. Era una visione ipnotica. Una gigantessa galleggiante con le tette enormi che emergevano sulla linea dell’acqua come creature primordiali. Io, povera troglodita della consapevolezza, che sapevo bene con quanto minore charme avevo sceso quella scala, l‘ho osservata a lungo come la creatura superiore che era. Ho scrutato il suo corpo che beccheggiava appena al ritmo delle increspature, e ho subito talmente quel fascino primitivo da dea della terra e degli inferi, che non mi sarei stupita se dalla sua vulva sfacciata e nuda avessero cominciato a uscire creature mitologiche: serpenti acquatici, idre spinate, gorgoni e meduse, sirene, uccelli piumati, fenici e uroboros, e se da quel punto preciso del suo ventre, il Vuoto all’origine del mondo, avessero preso a moltiplicarsi e a riempire la terra. Dopo un po’ è uscita dall‘acqua. Ha preso l’accappatoio, se l’è passato sul viso, e poi s’è incamminata gocciolando verso la sua sdraio. Ed è stato quando s’è sdraiata spalancando le gambe come per una spaccata in orizzontale che ho capito che l’avrei ricordata per sempre. Volevo accorrere da lei, inginocchiarmi e supplicarla: ti prego, fa’ di me la sacerdotessa del tuo culto.
Poi, vabbè, alla fine non l’ho fatto. Però ci sono andata a tanto così.
giovedì 22 luglio 2010
Please enter your preyer
L'avevo appena letto in un libro piuttosto divertente e allora sono andata a controllare.
Be', esiste davvero. Sapete cos'è? Il servizio che si occupa di collocare le mail di preghiera all'interno del Muro del Pianto. Cioè, metti che tu sei ebreo (ma forse lo fanno anche per adepti di altri credo monoteistici originati fra il Tigre e l'Eufrate, non so, non ho indagato a fondo), e avverti l'esigenza di lasciare una richiesta in una fessura del Muro del Pianto come si fa da secoli per antica tradizione, ma magari non ti puoi permettere un viaggio fino in Israele, scrivi un'email e loro te la stampano e te la collocano in situ. Gratis. Al limite, se credi, puoi versare un'offerta.
A parte qualsiasi commento diretto sulla notizia (e Facebook? Non ditemi che manca il gruppo Join to Friends of Western Wall on Facebook!), devo dire che in linea di principio faccio parecchia fatica ad immedesimarmi in Dio. Però, se proprio esercito un disumano sforzo della volontà e provo a immaginarmeLo, mi viene da pensare che se mi capitasse di rivolgermi a qualcuno che per elevarmi una preghiera decide di scrivere un'email al servizio aish.com, non gli risparmierei niente. Manco le cavallette.
Leggete il libro se vi capita. Si ride un sacco.
Be', esiste davvero. Sapete cos'è? Il servizio che si occupa di collocare le mail di preghiera all'interno del Muro del Pianto. Cioè, metti che tu sei ebreo (ma forse lo fanno anche per adepti di altri credo monoteistici originati fra il Tigre e l'Eufrate, non so, non ho indagato a fondo), e avverti l'esigenza di lasciare una richiesta in una fessura del Muro del Pianto come si fa da secoli per antica tradizione, ma magari non ti puoi permettere un viaggio fino in Israele, scrivi un'email e loro te la stampano e te la collocano in situ. Gratis. Al limite, se credi, puoi versare un'offerta.
A parte qualsiasi commento diretto sulla notizia (e Facebook? Non ditemi che manca il gruppo Join to Friends of Western Wall on Facebook!), devo dire che in linea di principio faccio parecchia fatica ad immedesimarmi in Dio. Però, se proprio esercito un disumano sforzo della volontà e provo a immaginarmeLo, mi viene da pensare che se mi capitasse di rivolgermi a qualcuno che per elevarmi una preghiera decide di scrivere un'email al servizio aish.com, non gli risparmierei niente. Manco le cavallette.
Leggete il libro se vi capita. Si ride un sacco.
mercoledì 21 luglio 2010
That's why I refuse to be afraid
Experience life in all possible ways — good-bad, bitter-sweet, dark-light, summer-winter. Experience all the dualities. Don´t be afraid of experience, because the more experience you have, the more mature you become
lunedì 19 luglio 2010
Quei giorni in cui non sei abbastanza
Il mio progetto di vita al momento sarebbe questo: piangermi addosso tutto il lacrimabile; dissolvere in un'unica cascata fradicia ogni grumo che continua a intorcolarsi al livello del quarto chakra inerpicandosi fino al quinto, come deduco dal fatto che ho anche la gola bloccata e mi manca il fiato per gridare; solubilizzare i rimorsi, liquefare i rimpianti, seppellire la cattiva coscienza sotto un muro d'acqua carico come la vendetta divina. Possibilmente farlo durante un temporale da tregenda, di modo che fuori e dentro ci sia solo acqua che scroscia talmente fitta da infilzarmi con punture di spillo. Resettare, insomma, ripulire, spazzare via, annichilire: peccati opere e omissioni. E poi sedermi in riva al fiume ad aspettare finchè non spiove e la luce riprende a filtrare tra le foglie.
martedì 6 luglio 2010
Et trabem in oculo tuo non vides?
Mio fratello è venuto a trovarmi con la sua fidanzata praghese di origini morave, una ragazza bellissima con certi occhietti luccicanti che la rendono simile alla versione adulta e decisamente più arrapante di Pippi Calzelunghe. Ha gli occhi azzurri, la pelle chiara, la voce melodiosa come una specie di passerottino nordico delle nevi, e due tette notevoli che era impossibile non notare. Primo perché le tette quando sono adeguatamente supportate da dimensioni e inquadratura, per loro natura nascono per imporsi, e secondo perché in questi giorni facevano 5000 gradi fahrenheit, per cui andare in giro con lo scialletto di maglia non era proprio il caso.
Mentre io ero al lavoro sono scesi in città e hanno provato a visitare la basilica di S. Antonio dove non li hanno fatti entrare, perché lei aveva una maglietta con le bretelline e qualcuno ha ritenuto che le sue spalle sconce oltretutto supportate dalle tette – questo non gliel’hanno specificato ma bisogna saper leggere fra le righe – non si confacessero alla dignità del luogo.
Io non me la prendo con il principio in sé. Sempre pensato che le chiese sono di chi insiste a credere che Dio potrebbe avere un buon motivo per volerle frequentare, ed è giusto che le regole di ingresso se le facciano loro. Però così, come considerazione di massima, mi viene da pensare che una religione che non ammette per inadeguatezza una giovane donna nel fiore della sua potenza vitale, per venerare invece certe chicche che sprizzano gioia e amore cosmico da tutti i pori tipo questa, oppure questa, è qualcosa accanto alla quale per amor di pace possiamo anche fingere di poter convivere. Però lo facciamo per pura consuetudine bimillenaria. Sapete come vanno queste cose, in 2000 anni fai in tempo ad abituarti a tutto.
Basta tenere presente che un fenomeno di questo tipo inserito in un qualsiasi altro contesto clinico non supportato da pezze giustificative liturgiche, ci mette un attimo ad essere diagnosticato come perversione. Che comunque la metti, non è per niente una bella cosa.
Mentre io ero al lavoro sono scesi in città e hanno provato a visitare la basilica di S. Antonio dove non li hanno fatti entrare, perché lei aveva una maglietta con le bretelline e qualcuno ha ritenuto che le sue spalle sconce oltretutto supportate dalle tette – questo non gliel’hanno specificato ma bisogna saper leggere fra le righe – non si confacessero alla dignità del luogo.
Io non me la prendo con il principio in sé. Sempre pensato che le chiese sono di chi insiste a credere che Dio potrebbe avere un buon motivo per volerle frequentare, ed è giusto che le regole di ingresso se le facciano loro. Però così, come considerazione di massima, mi viene da pensare che una religione che non ammette per inadeguatezza una giovane donna nel fiore della sua potenza vitale, per venerare invece certe chicche che sprizzano gioia e amore cosmico da tutti i pori tipo questa, oppure questa, è qualcosa accanto alla quale per amor di pace possiamo anche fingere di poter convivere. Però lo facciamo per pura consuetudine bimillenaria. Sapete come vanno queste cose, in 2000 anni fai in tempo ad abituarti a tutto.
Basta tenere presente che un fenomeno di questo tipo inserito in un qualsiasi altro contesto clinico non supportato da pezze giustificative liturgiche, ci mette un attimo ad essere diagnosticato come perversione. Che comunque la metti, non è per niente una bella cosa.
venerdì 2 luglio 2010
Lascia fare a Madre Natura
Ho letto di un esperimento bellissimo fatto tra Israele e gli Stati Uniti. Pare che l'ovulo sano e maturo di una femmina emetta qualche tipo di straordinaria fragranza seducente che attrae gli spermatozoi come mosche sul miele. L'hanno dimostrato così: durante una serie di interventi di fecondazione artificiale in Israele hanno prelevato il liquido che circonda l'ovulo ormai carico e determinato a farsi fecondare a qualunque costo, e poi l'hanno spedito in America. A Dallas il professor David Gabers dell'Università del Texas ne ha preso una quantità infinitesimale e l'ha versata in una provetta dove c'erano cellule sessuali maschili. Be', l'effetto è stato impressionante. Tutti gli spermatozoi si sono girati all'istante e hanno cominciato a muoversi in quella direzione scavalcandosi uno con l'altro e azzuffandosi come in un'ammucchiata di football americano. La cosa bellissima è che c'era solo liquido, non l'ovulo vero e proprio, per cui quando la sarabanda di allupati è arrivata nel punto in cui era stata liberata la goccia, si sono fermati in blocco come allocchi nel tentativo inutile di dare un senso all'assoluta mancanza di ulteriori coordinate spazio-temporali.
Non lo so, mi fa cappottare dal ridere l'idea di questa gang bang di spermatozoi in debito d'ossigeno, piegati in due per recuperare fiato, sudati da far schifo, che dissimulano l'imbarazzo e sfuggono reciprocamente lo sguardo sapendo di aver fatto una figura di merda. Qualcuno fischia. Qualcuno torna indietro bestemmiando. Qualcuno commenta col compagno di cordata: la prossima volta col cazzo che parto per primo.
Chissà cosa costerebbe commercializzare questa cosetta. Perché da come la vedo io avrebbe il suo notevole potenziale sul mercato.
Non lo so, mi fa cappottare dal ridere l'idea di questa gang bang di spermatozoi in debito d'ossigeno, piegati in due per recuperare fiato, sudati da far schifo, che dissimulano l'imbarazzo e sfuggono reciprocamente lo sguardo sapendo di aver fatto una figura di merda. Qualcuno fischia. Qualcuno torna indietro bestemmiando. Qualcuno commenta col compagno di cordata: la prossima volta col cazzo che parto per primo.
Chissà cosa costerebbe commercializzare questa cosetta. Perché da come la vedo io avrebbe il suo notevole potenziale sul mercato.
lunedì 28 giugno 2010
Vite di uomini illustri
Io il caso Brancher non l'ho seguito. Magari è davvero innocente come uno scolaretto, e magari no, in ogni caso non sta a me dirlo. Lo accerterà il tribunale di competenza nei tempi e nei modi dovuti.
Cosa che incidentalmente, di fronte a simili eventi, è anche l'unica risposta che avrei voluto udire dalla labbra di un inquisendo ministro della Repubblica degno di questo nome. Che il degno nome in oggetto sia quello di ministro o quello di repubblica non importa, fate voi, a me va bene uguale. In un paese normale dovrebbero essere degni entrambi, e parecchio, ma siccome in alto a destra vedo le Alpi, in basso lo Ionio, tutto intorno Tirreno e Adriatico, mi duole dirlo ma temo fortemente di trovarmi in Italia. Grasso che cola se si riesce a tirar su almeno uno dei due dal troiaio dove abitualmente giace, e a dargli una rasentada che gli conferisca un aspetto minimamente presentabile.
E' un concetto talmente indicibile? Tacere in pubblico, a meno che non si tratti delle proprie assunzioni di responsabilità. Affrontare una convocazione con dignità anche se la si ritiene ingiusta, e difendersi come possibile. Oppure tacere in pubblico. Rispettare le leggi e i tribunali e recarsi nei luoghi preposti come dovremmo fare tutti noi se ci capitasse una cosa simile. Altrimenti tacere in pubblico. Non cadere nel ridicolo. Non sfogonare con toni e modalità accettabili solo in appendice a un pranzo di Natale particolarmente pesante e nel discreto alveo degli affetti familiari. In caso contrario tacere in pubblico. Ancora tacere. Parlare solo se interrogati. E altrimenti tacere. Certamente non scendere fino all'ultimo gradino del ridicolo, quel lenzuolino minuscolo con cui non occulterai la gigantesca pochade di merda in cui ti sei cacciato: ve la prendete con me perché l'Italia ha perso in mondiali! che te lo fa immaginare in lacrime, con la faccia sporca, il grembiulino strappato, che tira la gonna all'insegnante. Signorina maestra! Signorina Maestra! Pierino se la prende con me perché ha perso i Mondiali! Da cui poi è conseguenziale figurarsi la Gelmini con l'occhialetto di traverso che si inginocchia a soffiargli il naso e lo consola: ma Aldo, com'è possibile! Proprio tu che ogni giorno porti in cartella quel po' po' di incarichi istituzionali che quasi non ci passi dalla porta! Pierino, t'avverto: se disubbidisci un'altra volta io oggi pomerigio chiudo il cortile e tu i mondiali non li giochi più neanche dipinto! Restituiamo l'acconto a Murdoch e le telecamere di Sky te le carichi tutte tu a braccia fino in cantina! Siamo intesi?
Che figurine patetiche da presepe italiota. Ministri....Una parola che viene dalla stessa radice latina di minor. E infatti ministrum vuol dire: servo. Sarebbe Servo dello Stato, nelle intenzioni. Ma c'è che alle volte il cammino delle parole parte dall'etimologia con le migliori intenzioni di non imboccare svincoli lungo la strada, e finisce per farsi certi giri panoramici assolutamente imprevedibili che alla fine - vedi? - ti restituiscono una perla semantica proprio là dove meno te l'aspetti.
Cosa che incidentalmente, di fronte a simili eventi, è anche l'unica risposta che avrei voluto udire dalla labbra di un inquisendo ministro della Repubblica degno di questo nome. Che il degno nome in oggetto sia quello di ministro o quello di repubblica non importa, fate voi, a me va bene uguale. In un paese normale dovrebbero essere degni entrambi, e parecchio, ma siccome in alto a destra vedo le Alpi, in basso lo Ionio, tutto intorno Tirreno e Adriatico, mi duole dirlo ma temo fortemente di trovarmi in Italia. Grasso che cola se si riesce a tirar su almeno uno dei due dal troiaio dove abitualmente giace, e a dargli una rasentada che gli conferisca un aspetto minimamente presentabile.
E' un concetto talmente indicibile? Tacere in pubblico, a meno che non si tratti delle proprie assunzioni di responsabilità. Affrontare una convocazione con dignità anche se la si ritiene ingiusta, e difendersi come possibile. Oppure tacere in pubblico. Rispettare le leggi e i tribunali e recarsi nei luoghi preposti come dovremmo fare tutti noi se ci capitasse una cosa simile. Altrimenti tacere in pubblico. Non cadere nel ridicolo. Non sfogonare con toni e modalità accettabili solo in appendice a un pranzo di Natale particolarmente pesante e nel discreto alveo degli affetti familiari. In caso contrario tacere in pubblico. Ancora tacere. Parlare solo se interrogati. E altrimenti tacere. Certamente non scendere fino all'ultimo gradino del ridicolo, quel lenzuolino minuscolo con cui non occulterai la gigantesca pochade di merda in cui ti sei cacciato: ve la prendete con me perché l'Italia ha perso in mondiali! che te lo fa immaginare in lacrime, con la faccia sporca, il grembiulino strappato, che tira la gonna all'insegnante. Signorina maestra! Signorina Maestra! Pierino se la prende con me perché ha perso i Mondiali! Da cui poi è conseguenziale figurarsi la Gelmini con l'occhialetto di traverso che si inginocchia a soffiargli il naso e lo consola: ma Aldo, com'è possibile! Proprio tu che ogni giorno porti in cartella quel po' po' di incarichi istituzionali che quasi non ci passi dalla porta! Pierino, t'avverto: se disubbidisci un'altra volta io oggi pomerigio chiudo il cortile e tu i mondiali non li giochi più neanche dipinto! Restituiamo l'acconto a Murdoch e le telecamere di Sky te le carichi tutte tu a braccia fino in cantina! Siamo intesi?
Che figurine patetiche da presepe italiota. Ministri....Una parola che viene dalla stessa radice latina di minor. E infatti ministrum vuol dire: servo. Sarebbe Servo dello Stato, nelle intenzioni. Ma c'è che alle volte il cammino delle parole parte dall'etimologia con le migliori intenzioni di non imboccare svincoli lungo la strada, e finisce per farsi certi giri panoramici assolutamente imprevedibili che alla fine - vedi? - ti restituiscono una perla semantica proprio là dove meno te l'aspetti.
martedì 22 giugno 2010
Drawing by numbers
Centomila bambini all'anno figli del coito interrotto. Addirittura. I nati complessivi pare siano poco più di cinquecentomila. Quindi un quinto del totale nasce non schedulato. Va detto che vengono inclusi anche i frutti di tutte le altre pratiche fallite di contraccezione, o almeno questo mi pare di intuire, perché sfido chiunque a comprendere la logica del calcolo illustrato nel primo paragrafo dell'articolo.
Ed è questo che fa pensare. Un numero così imponente, va da sè, non l'hai certo rilevato one-by-one, anche perché trascrivendo una a una le informazioni su 500.000 nascite - che vuol dire mettere in mezzo un milione tondo di genitori - per avere il tempo di aggregare i risultati avresti dovuto metterti all'opera ai tempi del profeta Ezechiele. Quindi è frutto di una stima. Hai preso il tuo campioncino di 1000 coppiette di passaggio al consultorio - se va di lusso - e hai fatto le tue proiezioni.
Io la statatistica l'ho studiata solo quel minimo che m'hanno obbligata a fare, e anche lì con tutta la reticenza possibile. Però una cosa l'ho capita. E' pericolosissima, perché è delicata. C'è una quantità impressionante di cose da mettere in conto per evitare di dire delle solenni minchiate. Proprio ieri leggevo di un tipo in gamba che dice: la statistica è il feticcio della nostra civiltà. Siccome sono numeri, tendiamo ad attribuirgli un arcano potere di verità oggettiva che non possiedono e non hanno mai preteso di avere. I numeri non significano niente. I numeri non parlano. Le statistiche sono solo valori aggregati che creiamo noi secondo una logica che, se sbagliata, ne inficia completamente il valore. E invece abbiamo questa fede perversa che ci spinge a credere che siccome un'idea si presenta in specie di numero invece che di concetto, allora vuol dire che possiede un maggior grado di verità e di oggettività. Puttanate.
Per cui questa è una di quelle statistiche che mi fa pensare. Perché malgrado l'ampia variabilità probabilistica che caratterizza la disciplina, malgrado i sottili distinguo che bisognerebbe sempre avere cura di premettere quando si comunica un risultato del genere, non senti nessuno commentarla in termini sensati, cheneso, premettendo un sembra che, appare probabile, qualora risultasse confermato da successive verifiche. Macchè. Si spara nel mucchio un numero alto e fragoroso che faccia un botto impressionante, si intervista un esperto embedded al problema, e si comincia a manganellare a raffica con l'artiglieria dialettica pesante: è un'enormità, un fenomeno imponente, un disastro, una generazione di infelici, la fine del mondo. Questo lo dico per il tema in oggetto, ma con minime variazioni terminologiche sono considerazioni mutuabili a qualsiasi contesto.
E appena la polvere si deposita al suolo e torna un minimo di calma, passa il rappresentante commerciale a venderti qualcosa per impedirti di fare la stessa fine. Perché anche di fronte alla peggiore catastrofe c'è sempre una soluzione. Basta comprarla.
Lo status di blogger implica acidità, facciamocene una ragione
Ho una compagna di scuola che non sentivo da almeno 30 anni. Mi ha trovata su facebook, e in piena coerenza con il genere di contatti intensi e vitali che i social network garantiscono, ci siamo scambiate due messaggi di cordiali saluti e poi morta là.
Adesso però ce l'ho tra gli amici, per cui se scrive un commento in bacheca io ovviamente la leggo. Ha due figli adolescenti che cominciano gli esami di maturità. Un paio di giorni fa ha scritto una cosa tipo: oddio che ansia! Quali tracce potrebbero uscire? Si dice in giro l'ecologia, la guerra, i 150 anni della Repubblica!
Ci ho pensato un po' su. Mi sono detta: rifletti. Non la vedi da 30 anni e le hai mandato solo un saluto. Non siete così intime. Non lo fare. Sta' zitta. Tieniti le tue salaci ironie per te. Taci, madonna santa, taci!
Adesso facciamo un test: secondo voi, conoscendomi, ce l'ho fatta? Sono riuscita a tenere la bocca chiusa? Prima di continuare a leggere, pensateci. Datemi una risposta ponderata.
Fatto? Bravi. E' quella. L'escaltion di violenza verbale con cui ho tentato di autointimorirmi per arginare il reflusso gastoesofageo dei 150 anni delle Repubblica non è servito a niente. Le ho rifilato un commento scherzoso sperando che avesse un po' di senso dell'umorismo.
Ora come l'abbia presa onestamente non lo so. Però non mi ha risposto. E ha cancellato il suo intervento e ogni commento collegato.
Peccato, eh? Peccato davvero. Un'altra splendida relazione naufragata tra le acque perigliose di facebook.
Adesso però ce l'ho tra gli amici, per cui se scrive un commento in bacheca io ovviamente la leggo. Ha due figli adolescenti che cominciano gli esami di maturità. Un paio di giorni fa ha scritto una cosa tipo: oddio che ansia! Quali tracce potrebbero uscire? Si dice in giro l'ecologia, la guerra, i 150 anni della Repubblica!
Ci ho pensato un po' su. Mi sono detta: rifletti. Non la vedi da 30 anni e le hai mandato solo un saluto. Non siete così intime. Non lo fare. Sta' zitta. Tieniti le tue salaci ironie per te. Taci, madonna santa, taci!
Adesso facciamo un test: secondo voi, conoscendomi, ce l'ho fatta? Sono riuscita a tenere la bocca chiusa? Prima di continuare a leggere, pensateci. Datemi una risposta ponderata.
Fatto? Bravi. E' quella. L'escaltion di violenza verbale con cui ho tentato di autointimorirmi per arginare il reflusso gastoesofageo dei 150 anni delle Repubblica non è servito a niente. Le ho rifilato un commento scherzoso sperando che avesse un po' di senso dell'umorismo.
Ora come l'abbia presa onestamente non lo so. Però non mi ha risposto. E ha cancellato il suo intervento e ogni commento collegato.
Peccato, eh? Peccato davvero. Un'altra splendida relazione naufragata tra le acque perigliose di facebook.
mercoledì 16 giugno 2010
martedì 15 giugno 2010
Men at work
Il cantiere di fronte alla facoltà è cresciuto come un fungo durante l'inverno e ha raggiunto l'altezza della biblioteca, che pure è al quinto piano. Ormai quando mi affaccio alla finestra ho l'impressione di poter toccare gli operai con un dito. Rispetto delle norme di sicurezze, cosa lo dico a fare? Zero. Zompettano come le allegre comari di Windsor sò e zò per i ponteggi, quando a me va il caffè di traverso solo a guardarli ininterrottamente per più di 3 minuti.
Poi è estate, fa un caldo assassino. Loro all'apparenza se ne fregano. Hanno addosso l'elmetto giallo per puro rispetto delle convenienze d'immagine - anche perché se ti spiaccichi da quell'altezza l'unica cosa che può fare per te un elmetto è aggiungere una calda nota di colore alle tue viscere sparse in giro - e per il resto non indossano quasi niente. Calzoncini corti sdrucitissimi sul coscione, torso nudo, e talmente tanti peli per singola unità operaia che non ne metteresti insieme altrettanti nemmeno tosando a zero un'intera legione di Amici di Maria De Filippi in pieno delirio ormonale.
Sono talmente rappresentativi di una certa iconografia da sbarco, che non faccio altro che immaginarmeli mentre si scambiano un'occhiata birichina, appoggiano lentamente gli strumenti da una parte, e all'improvviso attaccano a muoversi in sincrono così.
Editor del menga
Apprezzo il fatto che gli amici di blogspot arricchiscano il loro parco template.
Ma perché cacchio le foto si allineano solo a sinistra malgrado il ricorso agli appositi comandi di centratura?
Sono cose che indispettiscono l'utenza.
P.S. Vabbè, un minuto dopo l'ho capito da sola. Ma ormai il post è andato, e sono quelle cose ineluttabili a cui conviene rassegnarsi.
Ma perché cacchio le foto si allineano solo a sinistra malgrado il ricorso agli appositi comandi di centratura?
Sono cose che indispettiscono l'utenza.
P.S. Vabbè, un minuto dopo l'ho capito da sola. Ma ormai il post è andato, e sono quelle cose ineluttabili a cui conviene rassegnarsi.
lunedì 14 giugno 2010
That's why egyptians called them gods
Mezzogiorno e un quarto. Un caldo africano. Gli studenti vengono rigurgitati fuori dalla facoltà inondando il cortile di chiacchiere a base di psicocazzate. Mi guardo intorno, e un curioso articolarsi della folla attira la mia attenzione. Mi avvicino, e ne ho conferma. Appena fuori dalla porta di ingresso a Psycho 1 le masse studentesche si fendono in due. Invece di uscire compatti in un flusso unico, si articolano ordinatamente in una doppia corrente come per non calpestare qualcosa che non riesco a vedere. Sono troppo lontana. Mi avvicino ancora. Capisco.
C’è il tigrone. Non ha un nome preciso, ognuno lo chiama come gli pare, ed è una cosa che ho sempre apprezzato. In questa facoltà abbiamo una colonia felina regolarmente registrata presso il comune di Padova a nome del dipartimento. Se ne occupa soprattutto una collega della didattica insieme al supporto più o meno collaborativo di altri uomini e donne di buona volontà.
Siccome son gatti, in perfetta coerenza di specie non c’è niente di definitivo che possiamo dire di loro. Non sappiamo esattamente quanti sono: numero fluttuante. Non sappiamo se siano imparentati fra loro o se abbiano scelto di condividere l’esperienza comunitaria per pure affinità elettive. Non sappiamo nemmeno come chiamarli, e infatti non gli abbiamo dato un nome, perché, insomma, sono adulti, e fra loro si chiameranno un po’ come cazzo gli pare. Quanto a noi, ci cagano a malapena se chiediamo timidamente il passo alla guida dell’auto quando tracimano della loro imperiale indolenza sulla rampa del garage, figuriamoci se si sognano di rispondere a un richiamo nominale. Come se il gatto fosse quel genere di animale che ti permette di scegliere qualsiasi cosa che lo riguardi senza il preventivo imprimatur della sua cancelleria…
Ed è così che va anche ora, di fronte a Psycho 1. Decine e decine di ragazzini che sciamano verso un panino ristoratore e che fanno ala in mezzo al cortile per non disturbare il tigrone. Che s’è sdraiato là sulla grata – perché metallica e quindi fresca – e si lecca una zampa passandosela dietro l’orecchio, con quella precisione chirurgica propria solo della creature intimamente consapevoli del loro regio diritto di stare al mondo, e sideralmente incuranti dell’eventualità che altri organismi senzienti possano avanzare analoghe pretese. Lo capisco dalle occhiatine che tira in giro, tra una passata di lingua rasposa e l’altra. Dissimula, finge di essere preso dalle sue occupazioni, si vede bene che non vuole dare soddisfazione. Ma dentro di sé gli urge una certa questione piuttosto pressante che volendo si potrebbe riassumere così: ma voialtri siete sicuri che non c’avete proprio un cazzo di meglio da fare?
mercoledì 9 giugno 2010
Words of wisdom
A great deal of intelligence can be invested in ignorance when the need for illusion is deep
Saul Bellow
E se questa non vi sembra profonda, ragazzi, vuol dire che sulla profondità la pensiamo in maniera davvero diversa.
martedì 8 giugno 2010
Chicche in grado di risollevarmi l'umore
Leggere di un elefante a spasso per le vie di Zurigo mi ha messo allegria. Sarà che gli svizzeri si portano dietro una serie di luoghi comuni piuttosto in conflitto con la configurazione morfologica di un elefante, specie un elefante a passeggio sulla via dello struscio, ma che ne so? M’è parso un modo stupendo per annunciare un martedì scintillante dopo un lunedì piuttosto merdoso. Senza che il lunedì avesse particolari colpe, o il martedì speciali meriti assolutori. Non posso dire sia dipeso dagli eventi insomma. E’ più una cosa che ha a che fare con i vagheggiamenti interiori della mia psiche beccheggiante tra i marosi. Ché io, prima di giungere a intravedere certi picchi zen, ce n’ho di pagnotte da mandare giù.
Comunque l’articolo ha un paio di perle davvero notevoli. Una è quella che dice che Sabu è riuscita a fuggire in un momento di confusione. Perché ragazzi, va bene tutto – le tasse, le corna che prudono, i figli che si drogano - ma a che cazzo stavate pensando se v’è sfuggito il dettaglio di un elefantessa in marcia verso il centro storico di Zurigo? Ho capito che alle volte uno s’alza preso dai suoi pensieri, ma c’è un limite a tutto. Un elefante che dirazza verso l’autostrada e passa il casello pistonando sui suoi zamponi invece di ritirare il tagliando dall’apposita fessura, è dura confonderla con una bisarca!
E poi c’è il passaggio che accenna al fatto che alla fine della gita la povera Sabu è stata catturata dalla polizia. Che anche quello spinge a farsi delle domande. Tenuto conto che l’ultima volta che hanno visto degli elefanti sulla linea delle Alpi credo sia stato ai tempi di Annibale - e anche lì col binocolo, perché mi pare che passarono sul versante francese - la municipalità elvetica in questi casi che tipo di protocolli segue? Perché anche con un vasto spiegamento di forze, bloccare un elefantessa e ammanettarla è un’operazione logistica di una certa complessità. Per cui che vuol dire esattamente che è stata catturata dalla polizia? Le hanno fatto telefonare al suo avvocato? L’hanno tradotta in commissariato per farle il numero del poliziotto buono e quello cattivo? Da come la vedo io mi pare molto più probabile che si siano limitati ad andarle dietro mantenendosi a prudente distanza e tirandole qualche banana ogni tanto, e abbiano telefonato al domatore chiedendogli cortesemente di venire a riprendersela. Una roba che onestamente senza tirarmela tanto potevo fare anch’io. Che non sono poliziotta. E manco svizzera, a Dio piacendo.
Comunque l’articolo ha un paio di perle davvero notevoli. Una è quella che dice che Sabu è riuscita a fuggire in un momento di confusione. Perché ragazzi, va bene tutto – le tasse, le corna che prudono, i figli che si drogano - ma a che cazzo stavate pensando se v’è sfuggito il dettaglio di un elefantessa in marcia verso il centro storico di Zurigo? Ho capito che alle volte uno s’alza preso dai suoi pensieri, ma c’è un limite a tutto. Un elefante che dirazza verso l’autostrada e passa il casello pistonando sui suoi zamponi invece di ritirare il tagliando dall’apposita fessura, è dura confonderla con una bisarca!
E poi c’è il passaggio che accenna al fatto che alla fine della gita la povera Sabu è stata catturata dalla polizia. Che anche quello spinge a farsi delle domande. Tenuto conto che l’ultima volta che hanno visto degli elefanti sulla linea delle Alpi credo sia stato ai tempi di Annibale - e anche lì col binocolo, perché mi pare che passarono sul versante francese - la municipalità elvetica in questi casi che tipo di protocolli segue? Perché anche con un vasto spiegamento di forze, bloccare un elefantessa e ammanettarla è un’operazione logistica di una certa complessità. Per cui che vuol dire esattamente che è stata catturata dalla polizia? Le hanno fatto telefonare al suo avvocato? L’hanno tradotta in commissariato per farle il numero del poliziotto buono e quello cattivo? Da come la vedo io mi pare molto più probabile che si siano limitati ad andarle dietro mantenendosi a prudente distanza e tirandole qualche banana ogni tanto, e abbiano telefonato al domatore chiedendogli cortesemente di venire a riprendersela. Una roba che onestamente senza tirarmela tanto potevo fare anch’io. Che non sono poliziotta. E manco svizzera, a Dio piacendo.
lunedì 7 giugno 2010
Piccole speculazioni del lunedì
Esiste il silenzio delle parole. E il silenzio delle emozioni. Il silenzio delle parole, a saperlo usare, comunica più di una sinfonia. E’ perfino improprio chiamarlo silenzio. Silenzio di che? Certi silenzi scavano buche, riempiono vuoti abissali, ti prendono lì dove sei e ti frullano in certe dimensioni metafisiche che prima di quell’attimo non sapevi neppure che esistessero. Il silenzio è l’unica condizione implicita all’intimità.
Il silenzio delle emozioni? Anche quello scava buche, ma non riempie vuoti e neppure ti avvicina alle dimensioni metafisiche. Non è difficile da riconoscere, perché brucia quando ti avvicini. Le persone prudenti in genere fanno un passo indietro. Le persone ambiziose intuiscono il potenziale di rinforzo positivo che gli verrebbe dall’insistere accanto a quel calore, e se hanno fegato resistono finché è possibile continuare senza riportare danni permanenti. Le persone più vuote che vive invece ci sentono la vertigine. S’affacciano, e ogni momento è buono per dirsi che si tireranno indietro. Ma non sono loro ad avere l’ultima parola e non sono mai loro a decidere.
Perché le persone vuote sono ricattabili. Oltretutto non le puoi uccidere, lo sanno tutti. Sopravvivono, ed è questo che ne fa le vittime ideali. Se non c’è cadavere, non c’è reato.
martedì 1 giugno 2010
Braccia rubate al Grande Fratello
- Cara, ti ricordo che in biblioteca è proibito l’uso del telefono cellulare.
Faccia stralunata, occhio pallato, espressione ai limiti dell’indicibile, linguaggio corporeo interamente devoto all’atto di trasmettere paraverbalmente l’assoluta inconcepibilità della richiesta appena udita.
- Ah si? E perché?
E questi sono quelli che hanno superato i test d’ammissione obbligatori.
Figurati gli altri.
lunedì 31 maggio 2010
Holy words
Noi donne siamo sempre state pittoresche proteste contro la semplice esistenza del buon senso. Ne abbiamo visto i pericoli fin dall'inizio.
Per dire. E non è mica mia, macché.
E' del signore qua sotto. La statua gliel'hanno fatta davanti alla casa natale, a Dublino. Una vera bellezza. Sembra vero.
Anche un po' inquietante, volendo.
P.S. Non è Hugh Grant
Per dire. E non è mica mia, macché.
E' del signore qua sotto. La statua gliel'hanno fatta davanti alla casa natale, a Dublino. Una vera bellezza. Sembra vero.
Anche un po' inquietante, volendo.
P.S. Non è Hugh Grant
venerdì 28 maggio 2010
Soccorrere gli infermi
Azienda ULSS 15
Alta Padovana
SERVIZIO RELIGIOSO
I cappellani portano tutti i giorni la SS. Comunione nei reparti.
Sono sempre disponibili per la Confessione, i Sacramenti degli Infermi e il Dialogo Personale.
ORARIO SS.Messe
S.Messa feriale: ore 17.00 - in cappella
S.Messa prefestiva: ore 17.00 - in cappella
SS. Messe festive: ore 17.00 - in cappella. Ore 10.30 - atrio geriatria
Altri momenti di preghiera
recita del SS. Rosario per gli ammalati
dopo la S.Messa feriale - alle ore 17.30
sabato, domenica, vigilia e feste di precetto alle ore 18.30
Adorazione del SS.Sacramento
Ogni primo venerdì del mese alle ore 15.30
Alta Padovana
SERVIZIO RELIGIOSO
I cappellani portano tutti i giorni la SS. Comunione nei reparti.
Sono sempre disponibili per la Confessione, i Sacramenti degli Infermi e il Dialogo Personale.
ORARIO SS.Messe
S.Messa feriale: ore 17.00 - in cappella
S.Messa prefestiva: ore 17.00 - in cappella
SS. Messe festive: ore 17.00 - in cappella. Ore 10.30 - atrio geriatria
Altri momenti di preghiera
recita del SS. Rosario per gli ammalati
dopo la S.Messa feriale - alle ore 17.30
sabato, domenica, vigilia e feste di precetto alle ore 18.30
Adorazione del SS.Sacramento
Ogni primo venerdì del mese alle ore 15.30
Uhh, che godimento dionisiaco! Sai che risate per i pazienti? L'ospedale già di suo è un luogo che si presta parecchio, ma con questo euforico carnevale quotidiano, girare per i reparti sarà un po' come ancheggiare sfilando nel sambodromo di Rio, no?
E comunque. Si sa che ci sono perversi estimatori del genere, tanto vale farsene una ragione. Solo mi chiedevo: ho capito l'oliata macchina da guerra del perfetto conforto religioso. Ma trombare mai?
Perché c'è gente che trae molto conforto anche da quello. Però scommetto che le puttane non gliele paga lo stato. A differenza dei cappellani.
giovedì 27 maggio 2010
Signs
Giovedì pomeriggio sono andata in spiaggia. Siccome era il primo giorno di sole dai tempi della battaglia di Marengo, con i piedi nella sabbia mi son sentita euforica come una ragazzina. Ero l'unica a crederci. Lì a Sanremo tutti portavano ancora maglioni e giubbotti. Ma io ero in vacanza per cui, ‘fanculo, ho messo il gonnellino con gli zoccoletti e me ne sono andata tutta sola a limonare col tramonto. C’era sole, ma tirava anche un discreto venticello. Allora mi sono seduta con le spalle contro una rete che mi dava un vago senso di protezione, e dopo dieci minuti, senza che me ne accorgessi, è spuntata una vecchietta un po’ surreale con una busta di plastica legata in vita, e mi ha fatto un sorriso trasparente come se ci incontrassimo sempre in quel punto a quell'ora fin dall'origine del mondo. E’ stato bello. Una di quelle cose da piccolo paese, in cui il sorriso va di default perché te lo installano sulla macchina col software di base, per cui dopo non hai bisogno di scaricarti l’ultimo upgrade di merda per ricordarti come si fa a coordinare le labbra in un moto di simpatia che non costa niente e magari alleggerisce perfino il peso di qualche inutile gravame interiore. Ho pensato: ecco, mi piacerebbe diventare una vecchia così. Una che non ha paura della parola vecchia, per cominciare, che già quella non è una roba da ridere. E che si gode la vita fatta di quello che c’è. La spiaggia. Il mare. Il primo sole della stagione. Minuscole immensità. Che ci perdiamo con l’idea che ci sia qualcosa di meglio da fare.
Poi ho chiuso gli occhi e ho cominciato ad andare dietro ai miei pensieri, e dopo un po’ l’ho persa di vista. Alla fine il venticello s’è fatto termicamente impegnativo e allora mi sono tirata su e ho cominciato a camminare tornando molto lentamente verso la scala da cui ero scesa. Passeggiavo parallela al mare che era poco distante, e a un certo punto mi sono resa conto che stavo incrociando di nuovo il cammino della vecchia. Io andavo da nord a sud, lei faceva il contrario, ma con i piedi in acqua. Camminavamo in parallelo, una verso l’altra, separate solo da un striscia di sabbia di una decina di metri. Una bella metafora della vita. Una donna di mezza età che ad ogni passo si avvicina a una vecchia. Una vecchia che viene incontro a una donna di mezza età. Alla fine si incrociano, si guardano, si superano, e continuando a camminare si allontanano l’una dall’altra. Perché per il momento è stata solo un’illusione del tramonto. C’è ancora tempo prima che la più giovane prenda il posto dell'altra. O che l'altra se la venga a prendere. O almeno così se la racconta. Perché sono parole con un suono denso e consolatorio. E perché si vede che lo stadio in cui non le peserà farsi chiamare vecchia non è ancora arrivato. Chissà quale dei due arriverà per primo. Ché in certe questioni la corretta tempistica è tutto.
Con la metafora della vita in testa m’ha preso la curiosità di girarmi e osservare l’impronta dei miei passi. Mi sono voltata e ho visto una cosa che - avessi avuto solo due svanziche di prontezza – avrei fotografato all’istante come sintesi perfetta di un certo andazzo delle cose. Era un percorso storto, sghimbescio, irrecuperabile nella sua distonia, ma assolutamente regolare nella sua mancanza di senso. Le orme del piede destra colpivano la sabbia ortodosse ed equidistanziate come un soldatino in marcia nòppiunòpi, e quelle della sinistra sbarellavano con altrettanta regolarità di 40 centimetri almeno, affondando nella sabbia come se ogni passo fossi svenuta, o avessi collassato, o qualcuno m’avesse dato uno spintone della madonna, o avessi spazzato via un milione di granelli come una sciancata. Un’andatura da ubriaca, da pazza scellerata. Non ce lo vedete il portato metaforico voi? Io si, e per una buona ragione: perché se me l’aveste chiesto prima di voltarmi, avrei giurato che quella spiaggia l’avevo attraversata dritta come un fuso.
E non è la prima volta nella vita che mi capita di pensare che quasi tutti sanno meglio di me quello che sono, e spesso me lo dicono. Perfino i miei piedi. E’ la mia testa che non c’ha mai capito un cazzo. Cosa insisto a darle retta non lo so.
Poi ho chiuso gli occhi e ho cominciato ad andare dietro ai miei pensieri, e dopo un po’ l’ho persa di vista. Alla fine il venticello s’è fatto termicamente impegnativo e allora mi sono tirata su e ho cominciato a camminare tornando molto lentamente verso la scala da cui ero scesa. Passeggiavo parallela al mare che era poco distante, e a un certo punto mi sono resa conto che stavo incrociando di nuovo il cammino della vecchia. Io andavo da nord a sud, lei faceva il contrario, ma con i piedi in acqua. Camminavamo in parallelo, una verso l’altra, separate solo da un striscia di sabbia di una decina di metri. Una bella metafora della vita. Una donna di mezza età che ad ogni passo si avvicina a una vecchia. Una vecchia che viene incontro a una donna di mezza età. Alla fine si incrociano, si guardano, si superano, e continuando a camminare si allontanano l’una dall’altra. Perché per il momento è stata solo un’illusione del tramonto. C’è ancora tempo prima che la più giovane prenda il posto dell'altra. O che l'altra se la venga a prendere. O almeno così se la racconta. Perché sono parole con un suono denso e consolatorio. E perché si vede che lo stadio in cui non le peserà farsi chiamare vecchia non è ancora arrivato. Chissà quale dei due arriverà per primo. Ché in certe questioni la corretta tempistica è tutto.
Con la metafora della vita in testa m’ha preso la curiosità di girarmi e osservare l’impronta dei miei passi. Mi sono voltata e ho visto una cosa che - avessi avuto solo due svanziche di prontezza – avrei fotografato all’istante come sintesi perfetta di un certo andazzo delle cose. Era un percorso storto, sghimbescio, irrecuperabile nella sua distonia, ma assolutamente regolare nella sua mancanza di senso. Le orme del piede destra colpivano la sabbia ortodosse ed equidistanziate come un soldatino in marcia nòppiunòpi, e quelle della sinistra sbarellavano con altrettanta regolarità di 40 centimetri almeno, affondando nella sabbia come se ogni passo fossi svenuta, o avessi collassato, o qualcuno m’avesse dato uno spintone della madonna, o avessi spazzato via un milione di granelli come una sciancata. Un’andatura da ubriaca, da pazza scellerata. Non ce lo vedete il portato metaforico voi? Io si, e per una buona ragione: perché se me l’aveste chiesto prima di voltarmi, avrei giurato che quella spiaggia l’avevo attraversata dritta come un fuso.
E non è la prima volta nella vita che mi capita di pensare che quasi tutti sanno meglio di me quello che sono, e spesso me lo dicono. Perfino i miei piedi. E’ la mia testa che non c’ha mai capito un cazzo. Cosa insisto a darle retta non lo so.
martedì 25 maggio 2010
Beloved
All growth needs love -- but unconditional love. If love has conditions then growth cannot be total, because those conditions will come in the way. Love unconditionally. Don't ask anything in return. Much comes on its own -- that's another thing. Don't be a beggar. In love be an emperor. Just give it and see what happens... a thousandfold it comes back. But one has to learn it. Otherwise one remains a miser; one gives a little and waits for much to come back, and your waiting, your expectation, destroys the whole beauty of it.
Ecco. In effetti sono ancora abbastanza distante, e a voler essere realisti è possibile che non mi riesca nè in questa e neppure nel corso delle mie prossime 200 reincarnazioni sulla ruota karmica.
Però io voglio arrivare qua.
Voglio-arrivare-qua.
Non ci sono cazzi.
lunedì 24 maggio 2010
Delle imprevedibili ricadute semantiche di un termine all'apparenza di uso comune
trauma [tràu-ma] s.m. (pl. -mi)
1. In psicologia e psicanalisi, forte impatto emotivo che provoca turbamenti psichici
Mi sono messa a piangere, che altro potevo fare? Ho preso al volo due cose per Falco Nathan e sono scesa giù come mi chiedevano di fare. Ho dovuto lasciare la culla, il fasciatoio, le medicine, i prodotti speciali per la pulizia del piccolo. Tutto, insomma. Questa era diventata la sua casa in attesa che finissero la nostra nuova abitazione a Montecarlo, questione di giorni. È stato un trauma per me e per il bambino
Elisabetta, te lo dico serenamente e una volta per tutte.
Vaffanculo te, lo yacht, la casa a Montecarlo, e il panzone brizzolato. Falco Nathan no, per il momento lo salvo.
Ma è solo perché è l'unico che dispone di una giustificazione evolutiva minima. Capirai, il sistema nervoso non ha neanche cominciato a darsi da fare con la mielinizzazione delle fibre, sarà giustificato se ha la reatttività cerebrale di una tazza di tapioca, assume espressioni bolse e bavose, e non è in grado di partorire un solo pensiero di senso compiuto che non risulti in qualche modo offensivo del comune senso del pudore, no?
mercoledì 19 maggio 2010
Non c'è più religione
Premessa n.1
Io di musica non capisco una beneamata cippa. La ascolto, ma non faccio preferenze di merito. Oltretutto ho una passione perversa per certo pop merdaiolo che si presta particolarmente a essere cantato sotto la doccia. A me non sembra male. Ma siccome c'è pieno di gente titolata che quando ne parlo rovescia i globi oculari all'indietro e invoca Satana alzando le braccia sul capo, deduco che non deve essere proprio una robetta da palati sopraffini.
Premessa n.2
Mio marito, non ricordo se ve l'ho mai detto, di mestiere fa il sacerdote del rock. A tempo perso si trastulla come chirurgo, ma è solo per portare a casa due palanche, perché il rock si colloca in posizione nettamente superiore a qualsiasi altro interesse passato presente o futuro.
Giusto 10 minuti fa è uscito di casa e si è messo in autostrada, direzione Udine, per andare a vedere il concerto degli AC/DC, credo unica data italiana per il 2010, e per il quale aveva perso ogni speranza ormai da mesi. Aveva provato con trepidazione a tempo debito, ma pare che al momento dell'apertura dei botteghini online i biglietti siano scomparsi in meno di un'ora, per cui s'era messo l'anima in pace. Poi qualche settimana fa i suoi fratelli hanno fatto il miracolo. Non si sa come, sono riusciti a recuperare 3 biglietti, e dalla faccia che ha fatto prendendoli in mano, ho capito che doveva trattarsi di qualcosa di grande e davvero importante.
Insomma oggi vanno in processione ad assistere alla sacra eucarestia. Mio marito, il fratello di mio marito, e la moglie del fratello di mio marito, incinta di 5 mesi. Quindi a rigore c'è anche mio nipote. Ma lui non paga. E secondo me non è nemmeno abbastanza maturo per apprezzare certe cose, ma tant'è, mia cognata non ha voluto saperne di lasciarlo a casa. Ragazza molto protettiva.
Conclusione
Ora io non ho difficoltà a sottoscrivere che sono cose di cui non capisco una mazza, nè che si tratta di un concerto epocale che sarebbe stato immorale perdersi. Non nego che gli AC/DC siano una band di tutto rilievo nella storia del rock, e che abbiano fatto cose totalmente al di fuori della portata della mia comprensione. Meno che mai mi sogno di sostenere che non meritano tutto l'entusiasmo che suscitano in quelli che credono nel potere salvifico della musica.
Ma, puttana miseria, volete davvero convincermi che sia sensato per un'occasione simile scegliersi come gruppo di supporto Le Vibrazioni? Tanto valeva far introdurre il concerto dal cardinal Tonini sgranante il rosario, che perlomeno ci sarebbe stato il richiamo all'iconografia del teschio tanta cara all'hard rock, e quel minimo di dignità consentita dal plusvalore della dissacrazione.
lunedì 17 maggio 2010
Dei numerosi modi in cui si può raccontare la Bibbia
Ho visto questo film due giorni fa. A me i Cohen piacciono sempre. E quando dico sempre, intendo: sempre. Certe volte di più e altre di meno, ma questo è fisiologico. Quando segui un autore per tanto tempo, e poi vedi quello che credi sia il suo capolavoro - nel mio caso Fargo - poi stenti a cambiare opinione e attribuire lo stesso merito a un film diverso. Invece - sempre nel mio caso - quando ho visto Il Grande Lebowski un poco mi sono dovuta ricredere.
C'è la differenza sensibile che il primo è un apologo senza pietà, e il secondo invece, al contrario, di speranza te ne inocula molta, e quindi ho pensato, date le mie personali inclinazioni: forse è normale che oggi tenda a collocare il Drugo in posizione superiore a Fargo.
Ma poi ho visto A serious man, un film dove Ogni Cosa è Illuminata di luce cupa e desolata, dove il Male trionfa e i poveri di spirito soccombono. Soprattutto un film dove oltre ad ogni singolo attore, ognuno dei quali è perfetto in Cielo in Terra e in ogni Luogo, i Cohen sono riusciti a far recitare espressivamente perfino gli oggetti inquadrati: recitano le riprese nei corridoi, recita l'arredamento così spaventosamente vintage, recita la piscina del motel senz'acqua, in una scena potente come l'episodio di Ulisse che sbarca a Itaca, si vede recitare perfino la schiena di Richard Kind inarcata in un osceno dorso curvo mentre lui ulula: Ashem non mi ha dato un cazzo, Ashem non mi ha dato un cazzo! e farlo con un tale potere di suggestione, che non riusciresti a ottenerlo nemmeno centrifugando uno squadrone di manzi sul modello di Russell Crowe, marinandoli sott'aceto per 40 giorni, e poi distallandone la purissima essenza.
Mi fermavo ad ogni inquadratura dicendo tra me e me: non ci può essere tanta verità in un solo film. Eppure c'è. Ve lo garantisco. Ma non è finita qui.
Mentre scorrevano i titoli di coda, ormai passati i nomi di tutti i tecnici fino all'ultimo fornitore di tramezzini, in fondo alle postille invisibili al popolo di Dio, per giunta in mezzo alle ricorrenze di rito del tipo: fatti e persone narrati in questo film sono puramente casuali ebidibim ebidbum, all'improvviso mi salta agli occhi:
No jewes were harmed on the making of this motion picture
Allora ho capito.
I fratelli Cohen sono Dio.
domenica 16 maggio 2010
Speechless
Duecentomila persone in Vaticano a testimoniare la loro solidarietà al papa. Al papa? Non so, non riesco nemmeno a produrre un commento che sia all'altezza della sperequazione tra vittime, carnefici e promoter dei carnefici. Che magari c'entrano, e magari no. In ogni caso non mi sembrava fossero i più legittimi destinari di un eventuale supplemento di solidarietà.
Comunque gli striscioni in piazza dicevano: Non abbiate paura Gesù ha vinto il male!
Come no, contenti morti siamo. Una botta di culo. Pensa un po' in caso di pareggio o sconfitta che cazzo poteva succedere.
mercoledì 12 maggio 2010
Divorato dalle contraddizioni
Don Gallo si confessa: I miei peccati carnali
Come non essere d'accordo?
Tuttavia sono del parere che fino a quando certi liberi pensatori in tonaca troveranno spontaneo riferirsi al sesso usando espressioni tipo peccare carnalmente, per tutti quelli che attendono il secondo avvento di un sano sviluppo della vita sessuale dalle parti del Vaticano, converrà ancora armarsi di santa pazienza.
Poco male. Fortuna che ci abbiamo fatto il callo.
Come non essere d'accordo?
Tuttavia sono del parere che fino a quando certi liberi pensatori in tonaca troveranno spontaneo riferirsi al sesso usando espressioni tipo peccare carnalmente, per tutti quelli che attendono il secondo avvento di un sano sviluppo della vita sessuale dalle parti del Vaticano, converrà ancora armarsi di santa pazienza.
Poco male. Fortuna che ci abbiamo fatto il callo.
Non è che tutti dobbiamo essere per forza John Nash
Tra i miei compiti in biblioteca da qualche tempo c'è anche quello di Sacra Vestale degli Strumenti di Assessement e Valutazione. Insomma, i test. Che sono documenti particolarmente delicati. Primo, perché mediamente costano un fracco di palanche e quindi si danno in prestito solo a persone fidate previa adeguate garanzie, e secondo perché la loro somministrazione implica parecchie ricadute di natura deontologica. Va verificato che chi accede al prestito o alla consultazione per motivi clinici, abbia una vaga idea di che cacchio sta facendo quando effettua una psiodiagnosi anche tramite un test, perché se poi sbaglia nell'interpretare i risultati, il rischio di far danni è grave e oneroso.
Insomma ieri mi è capitato tra le mani l'item di un test in rete, questo qui:
Il test è un software, ed è destinato alla fascia scolastica elementare. Serve a valutare ed eventualmente implementare le abilità matematiche degli studenti di quella fascia di età. Allora mi sono ripensata bambina, e ho cercato di immaginare come avrei reagito io - che ho sempre schifato la matematica ai massimi livelli - di fronte a domande di questo tipo.
Prendetemi ad esempio la numero 3. Lucia ha 5 sacchetti con 8 figurine ciascuno. Con lei giocano anche Giacomo e Antonio. Quante figurine ha Lucia?. Ecco, a me una cosa di questo genere m'avrebbe scatenato il panico. Avrei cominciato a chiedermi: perché mi tiri fuori Giacomo e Antonio? A cosa mi serve la nozione della presenza di Giacomo e Antonio ai fini del calcolo delle figurine di Lucia? Voglio dire: mi nomini Giacomo e Antonio, ma nello stesso identico modo avresti potuto dire Lucia ha 5 sacchetti con 8 figurine. Nel cortile del palazzo accanto si sta svolgendo il Concilio di Calcedonia con 354 metropoliti convenuti da tutto il Mediterrano. Quante figurine ha Lucia? . Perché concettualmente l'evento non dovrebbe avere ricadute sul numero di figurine che ha Lucia, no? Eppure me lo citi. Dunque c'è qualcosa che mi sfugge. Giacomo e Antonio sono seguaci del mago Zurlì e potrebbero far scomparire alcune delle figurine di Lucia inficiando il risultato finale? Cosa c'è che non so e che potrebbe mandarmi in vacca il calcolo? E' una patologia molto nota la psicosi della matematica, sapete? Con tanta letteratura scientifica a supporto.
E insomma per farla breve. Garantito al limone che i calcoli li avrei cannati tutti. Lo facevo comunque, ma ai tempi miei certe cose non c'erano. I bambini non si valutavano coi software. Ti mettevano 3, e morta lì. E in un certo senso credo di poter dire che è stata la mia fortuna. Perché se ci fossero stati oggi non sarei qui, ma in qualche tristissimo istituto di rieducazione con le pareti dipinte verde-vomito e la statua della Madonnina circondati di fiori, nell'angolo a destra dell'accettazione, appena prima della porta d'ingresso al reparto.
Insomma ieri mi è capitato tra le mani l'item di un test in rete, questo qui:
Il test è un software, ed è destinato alla fascia scolastica elementare. Serve a valutare ed eventualmente implementare le abilità matematiche degli studenti di quella fascia di età. Allora mi sono ripensata bambina, e ho cercato di immaginare come avrei reagito io - che ho sempre schifato la matematica ai massimi livelli - di fronte a domande di questo tipo.
Prendetemi ad esempio la numero 3. Lucia ha 5 sacchetti con 8 figurine ciascuno. Con lei giocano anche Giacomo e Antonio. Quante figurine ha Lucia?. Ecco, a me una cosa di questo genere m'avrebbe scatenato il panico. Avrei cominciato a chiedermi: perché mi tiri fuori Giacomo e Antonio? A cosa mi serve la nozione della presenza di Giacomo e Antonio ai fini del calcolo delle figurine di Lucia? Voglio dire: mi nomini Giacomo e Antonio, ma nello stesso identico modo avresti potuto dire Lucia ha 5 sacchetti con 8 figurine. Nel cortile del palazzo accanto si sta svolgendo il Concilio di Calcedonia con 354 metropoliti convenuti da tutto il Mediterrano. Quante figurine ha Lucia? . Perché concettualmente l'evento non dovrebbe avere ricadute sul numero di figurine che ha Lucia, no? Eppure me lo citi. Dunque c'è qualcosa che mi sfugge. Giacomo e Antonio sono seguaci del mago Zurlì e potrebbero far scomparire alcune delle figurine di Lucia inficiando il risultato finale? Cosa c'è che non so e che potrebbe mandarmi in vacca il calcolo? E' una patologia molto nota la psicosi della matematica, sapete? Con tanta letteratura scientifica a supporto.
E insomma per farla breve. Garantito al limone che i calcoli li avrei cannati tutti. Lo facevo comunque, ma ai tempi miei certe cose non c'erano. I bambini non si valutavano coi software. Ti mettevano 3, e morta lì. E in un certo senso credo di poter dire che è stata la mia fortuna. Perché se ci fossero stati oggi non sarei qui, ma in qualche tristissimo istituto di rieducazione con le pareti dipinte verde-vomito e la statua della Madonnina circondati di fiori, nell'angolo a destra dell'accettazione, appena prima della porta d'ingresso al reparto.
mercoledì 5 maggio 2010
The remains of the place
Siccome oggi è il 5 maggio, per ovvietà poetica continua a tornarmi in mente Napoleone, e ogni volta che mi ricicciano in testa i versi:
ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro
stette la spoglia immemore,
orba di tanto spiro
ma proprio ogni santa volta che ci penso, senza eccezioni, non posso far a meno di chiedermi: com’è possibile che l’autore di una simile mesopotamica puttanata possa essere considerato uno dei padri della nostra letteratura?
Perché, se ci pensate, è il distillato del peggio dell’italianità. La retorica a manetta, il parolume gonfio d’aria e di prosopopea, il culto della personalità per un gerarca egocentrico indubbiamente dotato per l’arte militare, ma insomma, che vuol dire? Sarei dell’idea che dopo 5000 anni di civiltà, se proprio vogliamo insistere a chiamarla così, dovremmo sforzarci di limitare la definizione di talento alle cose che se lo meritano davvero.
Poi però è anche vero che sono appena tornata dalla Val d’Orcia, e anche questo è un modo per parlare dell’Italia. Ho guidato lungo la Cassia passando attraverso certe colline di una tale bellezza sensuale che ad ogni svolta avrei voluto scendere e fare l’amore coi campi coltivati, con la terra, con i filari di girasoli. Ho visto chiesette romaniche allegre come comari incorniciate di luce solare, e un polittico di Sano di Pietro che mi ha commossa come se qualcuno avesse scritto una poesia d’amore su quell’altare solo per me. Ho mangiato pasta fatta in casa, ho bevuto – poco – vino rosso e incantatore. Ho passeggiato in un giardino che se Dio l’avesse pensato apposta all’alba del primo giorno del mondo, ancora prima di inventare l’uomo, la donna, e tutte le altre meraviglie del creato, non gli sarebbe riuscito bene come quello in cui mi sono aggirata di prima mattina, mentre il sole era abbastanza alto nel cielo, la temperatura costante e perfetta, e il glicine sulle mura così viola da tramortire.
Lo so da sempre. Che questo è il paese delle contraddizioni. Che è troppo bello per meritarsi di essere abitato da gente consapevole della sua fortuna. Che tutto questo naturale talento per la bellezza, la gioia di vivere, l’esaltazione dell’essenza delle cose che qui è un fenomeno metafisico perché appartiene alla natura come alla cultura, si deve pagare, e che costa caro. A vent’anni lo odiavo, perché mi faceva sentire un’italiana diversa, e profondamente esclusa. Volevo andarmene via, e per poco non l’ho fatto.
Oggi ho cambiato idea, perché mi sento in diritto di restare tanto quanto quelli che su queste benedizioni sputano e bivaccano come maiali in una cattedrale. Ho maturato la mia consapevolezza di italiana, che vuol dire: conosco i meriti del mio paese, e conosco i limiti. Non sottovaluto i primi ma non mi sforzo nemmeno di occultare il resto. E a tutti quelli che quando ti lamenti ti guardano con aria di sufficienza dicendoti: se ti fa tanto schifo allora perché non te ne vai? ho sempre voglia di rispondere: ti piacerebbe. Però no. Sto qua. Difendo la posizione. Siamo una minoranza, può essere. Ma non vi fate illusioni. Non vi lasceremo soli a devastare quel che resta del giorno.
ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro
stette la spoglia immemore,
orba di tanto spiro
ma proprio ogni santa volta che ci penso, senza eccezioni, non posso far a meno di chiedermi: com’è possibile che l’autore di una simile mesopotamica puttanata possa essere considerato uno dei padri della nostra letteratura?
Perché, se ci pensate, è il distillato del peggio dell’italianità. La retorica a manetta, il parolume gonfio d’aria e di prosopopea, il culto della personalità per un gerarca egocentrico indubbiamente dotato per l’arte militare, ma insomma, che vuol dire? Sarei dell’idea che dopo 5000 anni di civiltà, se proprio vogliamo insistere a chiamarla così, dovremmo sforzarci di limitare la definizione di talento alle cose che se lo meritano davvero.
Poi però è anche vero che sono appena tornata dalla Val d’Orcia, e anche questo è un modo per parlare dell’Italia. Ho guidato lungo la Cassia passando attraverso certe colline di una tale bellezza sensuale che ad ogni svolta avrei voluto scendere e fare l’amore coi campi coltivati, con la terra, con i filari di girasoli. Ho visto chiesette romaniche allegre come comari incorniciate di luce solare, e un polittico di Sano di Pietro che mi ha commossa come se qualcuno avesse scritto una poesia d’amore su quell’altare solo per me. Ho mangiato pasta fatta in casa, ho bevuto – poco – vino rosso e incantatore. Ho passeggiato in un giardino che se Dio l’avesse pensato apposta all’alba del primo giorno del mondo, ancora prima di inventare l’uomo, la donna, e tutte le altre meraviglie del creato, non gli sarebbe riuscito bene come quello in cui mi sono aggirata di prima mattina, mentre il sole era abbastanza alto nel cielo, la temperatura costante e perfetta, e il glicine sulle mura così viola da tramortire.
Lo so da sempre. Che questo è il paese delle contraddizioni. Che è troppo bello per meritarsi di essere abitato da gente consapevole della sua fortuna. Che tutto questo naturale talento per la bellezza, la gioia di vivere, l’esaltazione dell’essenza delle cose che qui è un fenomeno metafisico perché appartiene alla natura come alla cultura, si deve pagare, e che costa caro. A vent’anni lo odiavo, perché mi faceva sentire un’italiana diversa, e profondamente esclusa. Volevo andarmene via, e per poco non l’ho fatto.
Oggi ho cambiato idea, perché mi sento in diritto di restare tanto quanto quelli che su queste benedizioni sputano e bivaccano come maiali in una cattedrale. Ho maturato la mia consapevolezza di italiana, che vuol dire: conosco i meriti del mio paese, e conosco i limiti. Non sottovaluto i primi ma non mi sforzo nemmeno di occultare il resto. E a tutti quelli che quando ti lamenti ti guardano con aria di sufficienza dicendoti: se ti fa tanto schifo allora perché non te ne vai? ho sempre voglia di rispondere: ti piacerebbe. Però no. Sto qua. Difendo la posizione. Siamo una minoranza, può essere. Ma non vi fate illusioni. Non vi lasceremo soli a devastare quel che resta del giorno.
mercoledì 28 aprile 2010
Per seguire virtute e conoscenza
Non starò qui a ripetere per l'ennesima volta la storia della poesia che viene a rispondere alle mie domande quando io sto ancora lì col bilancino a pesare modi, verbi e consecutio, per cercare di assegnare un senso a idee annacquate e velleitarie.
Ne approfitterò per farmi invece un altro tipo di domanda: cosa cacchio saremmo, noi, senza la poesia?
La poesia è la voce di dio quando si ricorda di non avere bisogno di un culto per esistere. O il suono che fa la musica del mondo quando realizza il miracolo di rendere sacra ogni cosa che esiste, dentro e fuori dal tempio.
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro,
se l'anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle, coralli, ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va' in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca
- raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa' che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Costantino Kavafis
Ne approfitterò per farmi invece un altro tipo di domanda: cosa cacchio saremmo, noi, senza la poesia?
La poesia è la voce di dio quando si ricorda di non avere bisogno di un culto per esistere. O il suono che fa la musica del mondo quando realizza il miracolo di rendere sacra ogni cosa che esiste, dentro e fuori dal tempio.
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro,
se l'anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle, coralli, ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va' in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca
- raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa' che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Costantino Kavafis
Dulcedo veneris
Duccio Canestrini mi ha fatto riflettere ieri su una cosa curiosa, soprattutto perché non ci avevo mai pensato in questi termini: il clitoride è l'unico organo del corpo umano che non ha altra funzione se non quella di procurare piacere.
Capito? L'unico. Noi ce l'abbiamo. E voi no.
Adesso non so esattamente perché, però la cosa mi ha fatta sentire potente. Infatti stamattina, tanto per mettermi alla prova, scendendo con l'auto nel garage della facoltà ho incrociato con gli occhi il tecnico dei lavori di ristrutturazione che si fumava una sigaretta in cortile, e gli ho tirato uno sguardo di fuoco che diceva: non so come la vedi tu, ma fa' mente locale sul fatto che io ce l'ho. E tu no. Magari è un'idea mia, però ho proprio l'impressione che mi abbia seguito fisso con lo sguardo finchè non mi sono inabissata definitivamente nel sotterraneo del garage.
E con questo, ragazze, direi proprio che possiamo derubricare definitivamente il concetto di invidia del pene dal numero dei costrutti che potrebbero darci qualche preoccupazione.
lunedì 26 aprile 2010
In a galaxy far far away
Pensavo alle curiose affermazioni fatte ieri da Stephen Hawkins a proposito delle intelligenze extraterrestri e dell'alta probabilità che da qualche parte nell'universo esistano creature in qualche misura simili a noi. Simili ma non troppo, sia chiaro. Quel tanto che basta perché sia giustificabile anche per loro l'attribuzione di intelligenza. Chè se il termine di paragone siamo noi, non è che serva evocare Asimov, Hari Seldon, il Ciclo della Fondazione e compagnia cantando. Basta che sia un gruppuscolo di forme di vita stolte, sanguinarie, predatorie, e con un talento per lo sfruttamento delle risorse preveggente quanto quello di un paguro di mare, ed eccola là che il parallelo ci sta tutto. Anzi, se non ci limitiamo al solo versante dello sviluppo cognitivo - e non si vede perché visto che la Vita è ben altro che questo -, e la mettiamo nei termini di vera evoluzione spirituale, c'è perfino del grasso che cola. Basta che la Vita da quelle parti si sia sviluppata tipo 10 minuti fa, e la prima ameba abbia messo un piedino fuori dal brodo primordiale intorno alle cinque di stamattina, che già stanno messi piuttosto bene per rimontarci in classifica entro la fine della settimana. Insomma Hawkins dice che, se ci assomigliano, c'è poco da stare allegri, e io sono abbastanza d'accordo.
Mi rimane però la speranza che per qualche incredibile ragione giustificata dalle distanze siderali che ci separano, siano magari diversi da noi. Perfino migliori. Pensate, per esempio, a un papa extraterrestre. Ecco, secondo me un papa extraterrestre parlerebbe così.
Sarebbe bello. In qualche remotissima misura perfino compensatorio. Però certo, dovrebbe arrivare da un posto davvero lontano. Molto oltre la Via Lattea, come minimo.
She looks back
...epperò io la prendo a calci nel culo finché non si decide a guardare avanti. E voglio vedere chi è più testarda, tra me e lei.
Che poi oltretutto, a forza di guardare indietro, è peggio dei raggi ultravioletti. Guarda le rughe che vengono. Basterebbe quello per capire che non si fa. Non si fa.
sabato 24 aprile 2010
Nota del redattore
Ma voi siete completamente pazzi. Sennò non me lo spiego.
La coda di paglia. La coda di paglia? Ma benedetto ragazzo, se io fossi una di quelle blogger molto impegnate nel sociale, ovvero con esplicite predilezioni per la critica d'arte, o ancora una di quelle monotematiche tipo ricette-dècoupage-macramè, vabbè, allora poteva anche andare.
Ma io - mi si consenta - sono la Signora della Coratella Virtuale! Io sono una che sul blog ci sputa tante di quelle viscere che in un momento di crisi ipoglicemica grave ha preso in seria considerazione l'idea di chiudere baracca e burattini e mettersi a emulare S.Simone lo Stilita. Non so se hai presente. Isolamento assoluto dal mondo, ma proprio ai massimi livelli. Io sono la Sabrina Ferilli del Virtuale e non nel senso di affinità genetica - che me piacerebbe assai, ma col fischio -, nel senso di vocazione a sbatacchiare in piazza con frenesie vernacolari e senza inibizioni, ogni frattaglia umorale frutto del mio ondivago pellegrinaggio lungo la via dell'amore universale.
Il che fa di me una creturina occasionalmente piuttosto vulnerabile. Niente che sia in grado di uccidermi, anche perché sotto quest'armatura di ricotta e cioccolato batte un cuore coriaceo che havoglia a picconarlo, se ne fa sempre una ragione. Ma insomma l'occasionale vulnerabilità ci sta, e ci sta tutta.
E se in un momento di instabilità pischica come questo 3 (3!) uomini che amo si mettono in coro sincrono a farmi appunti ortografici poco chiari, io sbarello a scatafascio! In un momento del genere mi potete convincere di qualsiasi cosa, vi do ragione su tutta la linea, anche quelle più palesemente autolesioniste! Volete il numero della carta di credito? Volete l'IBAN? Volete il sangue? Chiedete, cari, che con me si sfonda una porta aperta, e anzi magari approfittatene, perché potrebbe finire da un momento all'altro. Sono una linea Maginot di mozzarella perfino di fronte ai complimenti, figuriamoci se la buttiamo sulle sottili allusioni...
E adesso lasciate che vada a sciogliermi in pianto tra le siepi di un roseto in fiore tamponando le lacrime con un fazzoletto candido, e datemi qualche momento per ricompormi.
Che poi insomma, che cacchio si deve fare su questa dannata piattaforma per avere un po' di privacy da eroina postromantica ?
venerdì 23 aprile 2010
Divini tutori dell'ortodossia
Mentre percorro la statale SS 307 un display luminoso di quelli tipo viaggiareinformati attira la mia attenzione. Dice così:
Il 24 aprile partecipa anche tu alla maratona di S'Antantonio!
S'Antantonio, nel caso ve lo steste chiedendo, è il santo da invocare come protettore contro la piaga dell'ortografia.
Nella fotina in alto lo vedete mentre, incoraggiato dal Bimbo Gesù, rimuove tutte le consonanti doppie dalla versione alessandrina della Bibbia dei Settanta. Un lavoretto mica da ridere.
S'Antantonio. Ricordatevelo. Efficacissimo.
giovedì 22 aprile 2010
Copio-e-incollo, punteggiatura compresa
OGGETTO:GELOSIA RETROATTIVA
Sono una ragazza di 35 anni,orfana di padre dall'età di 12 anni,famiglia sana,unita,madre vedova non risposata.Ho avuto tre storie importanti nella mia vita,tre anni ciascuna.Tutti fallimenti nonostante il mio impegno,la mia pazienza e la mia tolleranza.Problema comune in tutte le storie:la mia presunta incapacità a gestire il versante sessuale.Inibita,pudica,poca fantasia,monacale.Tutto ciò mi ha creato delle crisi di colpevelezza e di identità sessuale.Circa 10 anni orsono,nel pieno di queste crisi,ho avuto due storie occasionali con animatori turistici, forse per la ricerca di conferme sulla mia sessualità che poi non ho trovato.Queste situazioni le ho vissute fantasticando su inverosimili grandi storie d'amore romantiche tra l'ospite e il bello e simpatico animatore.Tutto frutto di costruzioni del mio incoscio per consentire lo sviluparsi di storie che io stessa definisco deplorevoli per una brava ragazza.Da una di queste storie è nata una bella amicizia che è 10 aa.che dura. Dell'altro nessuna notizia.Quest'estate incontro un mio coetaneo:è colpo di fulmine per tutt'e due immediato.Parla di matrim.Lui gran tomber de femme,freddo e spietato,mai innamorato,solo tre storie con un minimo coinvolgimento,centinaia storie di sesso.Lui orfano di entrambi da pochi anni,grande fusione con la madre.Per lui la donna ideale è come sua madre,unico uomo,unica storia,cmq mentalmente pulita.Non accetta la libertà sessuale di oggi.Pensa di me che sono mentalmente pulita,che sono la brava ragazza che voleva,ma non riesce ad accettare che ho fatto un errore,che qualcuno mi può avere usata,che posso fare paragoni,nonostante lo rassicuro che per me lui è unico ed il massimo per me.Lui ha avuto in passato delle ossessioni conseguenti ad un tracollo economico enorme che ha dovuto affrontare in prima persona.Adesso la sua ossessione è il tizio animatore del quale non ricordo neanche il nome.Io mi sono voluta aprire pregi e difetti, ma adesso sto pagando molto.Come posso aiutarlo?Grazie
Tesoro, io posso solo sperare che il Signore vi aiuti entrambi, te e il tomber de femme, perchè da come vi vedo io, tempo due anni e siete in cronaca nera tutti e due. Se perché tu hai ammazzato lui a roncolate dopo aver scoperto che ti tradiva anche con la perpetua del prete, o lui ha ammazzato te perché s'è accorto che non sei una bambola gonfiabile professante religione cattolica, questo non posso dirlo.
Ma da qualche parte vi ritrovo di sicuro. Garantito al limone.
The inner power of chickens
Evo Morales - che sarebbe il presidente boliviano - al forum internazionale sui cambiamenti climatici di Cochabamba ha dichiarato che, secondo i suoi dati, in Europa ci stramazziamo di cibi transgenici e che i polli imbottiti di ormoni femminili ci stanno facendo diventare tutti calvi e omosessuali.
A parte il fatto che non smette mai di sorprendermi la creatività inesausta con cui si riesce a determinare un nesso di dipendenza causale tra l'omosessualità e qualsiasi fenomeno culturale o antropologico terminante in ismo (cos'è rimasto ormai che sia incapace di causare omosessualità? Il mancinismo, il banditismo, il revanscismo. Forse. Ma diamo tempo al tempo), a parte questo, dicevo, è confortante scoprire che per leggere un discorso populista contenente affermazioni a cazzo completamente destituite di fondamento legale o scientifico ma imposte con convinzione maschia e testicolare, non devi necessariamente ricorrere alle ultime esternazioni di Berlusconi.
A parte il fatto che non smette mai di sorprendermi la creatività inesausta con cui si riesce a determinare un nesso di dipendenza causale tra l'omosessualità e qualsiasi fenomeno culturale o antropologico terminante in ismo (cos'è rimasto ormai che sia incapace di causare omosessualità? Il mancinismo, il banditismo, il revanscismo. Forse. Ma diamo tempo al tempo), a parte questo, dicevo, è confortante scoprire che per leggere un discorso populista contenente affermazioni a cazzo completamente destituite di fondamento legale o scientifico ma imposte con convinzione maschia e testicolare, non devi necessariamente ricorrere alle ultime esternazioni di Berlusconi.
mercoledì 21 aprile 2010
Cavalli di razza
Fino ad oggi avevo sinceramente creduto che, in questo paese, il peggio del pulp-trash-fetish di deliranze nazionalistiche su sfondo tartufato di storia patria fosse incarnato da Emanuele Filiberto di Savoia, che insieme agli altri pregevoli membri del suo casato te lo vedi ogni tre per due sulle riviste di approfondimento politico tipo Eva Tremila. Mai meno di 6 pagine fitte fitte di intervista. Una fotina con le pargole nelle trine sullo stile famiglia dello zar Nicola II mentre fuori rotola la carrozzina e partono le prime bordate della Potëmkin, una fotina a Ballando con le Stelle, col tutino nero attillato pieno di lustrini e quel savuarfèr che se non sei cresciuto in Svizzera sulle sponde del lago Lemano col cazzo che puoi anche solo sperare di appropinquarti a quello stato di grazia ballerina, e una fotina con la moglie francese e l’immaginetta di Padre Pio di cui - e non potrebbe essere altrimenti – è fedele e sincerissimo devoto. Poiché mai s’è sentito nella storia di questo paese che si potesse raggiungere qualsivoglia posizione di prestigio nel crimine o nell’omerica assenza di buon gusto senza prima aver ottenuto il consenso informato di Padre Pio.
Ma adesso comincio a pensare che questo ragazzo, negli anni a venire, ci darà delle soddisfazioni. L’antiemanuelafiliberto. All’apparenze sembrano animati de sentimenti opposti, e invece sono due versioni della stessa macchietta del teatro dell’arte. Tanto uno specula sulla versione meringata dell’amor di patria, sullo zucchero candito del patriottismo e del Risorgimento, tanto l’altro ci sputa sopra in nome di un’ideologia fumosa da montanari avvelenati dalla texture dello sterco di vacca, che fa riferimento a una cultura fake-cimbrica e rinco-celtica che era estinta già ai tempi di Mario e Silla, ma che se esistesse ancora e fosse ipoteticamente ricostruibile almeno in parte, sarebbe forse alla portata di cultori di discipline classiche e filologiche coi controcazzi. Categoria a cui verosimilmente il Giovin Coglione non appartiene, giacché dei suoi trascorsi scolastici tutti sappiamo. Uno che ci sorprende quando si ricorda di scrivere il suo cognome con la doppia S, ammesso che se lo ricordi, visto che della cosa mancano comunque prove documentate. Nessuno dei due sa di cosa sta parlando, e a nessuno dei due peraltro frega un beneamato cazzo. Ma tutti e due hanno la viscerale percezione di pancia che la storia in qualche modo funziona. Che qualcuno li ascolta. Di più: che c’è gente che si riconosce in quello che dicono.
Sono belli entrambi, a modo loro. E a modo loro efficacemente rappresentativi di un’idea di Stato che è parecchio somigliante al vero. Certo, ci resta la libertà di prenderli per il culo, e non è cosa da poco. E anche se c’è stato un tempo in cui per il Destino della Nazione avevamo aspirato a qualcosa di più, ormai siamo arrivati tutti all’età della riflessione. Deve essere vero quello che raccontava Pangloss: questo è il migliore dei mondi possibile. Compatibilmente.
Ma adesso comincio a pensare che questo ragazzo, negli anni a venire, ci darà delle soddisfazioni. L’antiemanuelafiliberto. All’apparenze sembrano animati de sentimenti opposti, e invece sono due versioni della stessa macchietta del teatro dell’arte. Tanto uno specula sulla versione meringata dell’amor di patria, sullo zucchero candito del patriottismo e del Risorgimento, tanto l’altro ci sputa sopra in nome di un’ideologia fumosa da montanari avvelenati dalla texture dello sterco di vacca, che fa riferimento a una cultura fake-cimbrica e rinco-celtica che era estinta già ai tempi di Mario e Silla, ma che se esistesse ancora e fosse ipoteticamente ricostruibile almeno in parte, sarebbe forse alla portata di cultori di discipline classiche e filologiche coi controcazzi. Categoria a cui verosimilmente il Giovin Coglione non appartiene, giacché dei suoi trascorsi scolastici tutti sappiamo. Uno che ci sorprende quando si ricorda di scrivere il suo cognome con la doppia S, ammesso che se lo ricordi, visto che della cosa mancano comunque prove documentate. Nessuno dei due sa di cosa sta parlando, e a nessuno dei due peraltro frega un beneamato cazzo. Ma tutti e due hanno la viscerale percezione di pancia che la storia in qualche modo funziona. Che qualcuno li ascolta. Di più: che c’è gente che si riconosce in quello che dicono.
Sono belli entrambi, a modo loro. E a modo loro efficacemente rappresentativi di un’idea di Stato che è parecchio somigliante al vero. Certo, ci resta la libertà di prenderli per il culo, e non è cosa da poco. E anche se c’è stato un tempo in cui per il Destino della Nazione avevamo aspirato a qualcosa di più, ormai siamo arrivati tutti all’età della riflessione. Deve essere vero quello che raccontava Pangloss: questo è il migliore dei mondi possibile. Compatibilmente.
Sent by God
E comunque, sia detto en passant, è davvero soprendente come nella vita le cose ti arrivino sempre nell'ordine inverso rispetto a quello che avresti voluto. Se Iddio Onnipotente fosse il DHL dei cieli, avrebbe il centralino del costumer care costantemente impallato da chiamate incendiarie.
Ma fattela una lista di consegna, benedetto Signore degli Eserciti, e piantala di spedire roba a cazzo! Lo dico per te. Non lo capisci che sarebbe tanto più facile andare d'accordo?
In thought of you
Da Vermeer a Vettriano. Dal diciassettesimo secolo al ventesimo. Dall’Olanda alla Scozia. Dalle bimbe coi turbanti e le tende di velluto, alle femmine nude, consapevoli e sfacciate. Visto da qui sembrerebbe un percorso lungo e accidentato, con pochissime cose in comune tra il punto di partenza e quello di arrivo. Ma deve trattarsi di una di quelle illusioni ottiche che fanno la felicità degli studiosi della percezione visiva.
Perché all’inizio e alla fine ci sono sempre io in pessime condizioni di spirito. La storia dell’arte offre icone con grande capacità di sintesi. La leggi della percezione visiva ti dicono che sbagli e ti spiegano perché. Per tutto quello che resta invece - tipo la condanna al silenzio come arma di ritorsione, anche se non mi sembrava di aver fatto davvero niente di così perverso da meritarmelo - te la devi vedere da sola, e l’unica cosa che consola è la filosofia della torta della nonna crema e pinoli. Non te la puoi spendere a un esame di Logica, però dice che prima o poi tutto passerà. Buttatemela via, se avete coraggio.
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