venerdì 30 luglio 2010

Hic sunt leones

Secondo me uno dei lussi sfrenati della vita consiste nel potersi sedere in un caffè all'aperto e osservare la gente che passeggia per strada oppure si siede al tavolino accanto al tuo. Se poi nello stesso frangente posso bere un caffè macchiato e magari fumarmi una sigaretta, raggiungo vette di piacere metafisico. Sempre pensato che la vita da pensionata mi piacerà un sacco. Non ho vizi costosi, e nemmeno particolarmente originali.

Oggi al bar verso le tre c'ero solo io, più due bambini cinesi che avranno avuto al massimo nove anni in due. Il papà gli ha comprato un gelato gigante ciascuno. Il maschio ha preso tutta cioccolata, la bimba invece una cosa di colore chiaro che poteva essere vaniglia o limone. Poi si sono seduti compiti chiacchierando di cineserie accanto a me, e hanno preso a ciucciare assumendo quella postura tipica che è propria di tutti i bambini che leccano un cono ai quattro angoli del mondo. Una specie di rito per affiliati al culto del dio dei dolciumi. Il cono viene sollevato verso l'alto e il bimbo se lo succhia dal basso come se stesse dicendo una preghiera, infilandoci dentro il muso e lasciando fuori il minimo necessario per continuare a respirare, oltre che spalmandose una metà tutto intorno alla faccia. Il bimbo che mangia il gelato senza cambiare connotati se lo gode meno della metà.

Era evidente che si trattava di cinesi locali, si capiva dalla familiarità con cui i due bambini si muovevano per la piazza e nel bar. Gente del posto, e il posto a cui mi riferisco è un paesino dell'alta padovana di 6000 anime. Monochiesa, monofarmacia, monotabacchi, per capirci, e se non ti piace quello che trovi ti tocca cambiare comune di residenza. I bambini erano ancora troppo piccoli per parlare l'italiano. Facile che lo capiscano abbastanza, ma la scioltezza gli verrò solo quando cominceranno ad andare a scuola.

Li guardavo e pensavo che questi due ragazzini che adesso comunicano fra loro in una lingua per me totalmente estranea, tra meno di dieci anni cominceranno a scambiarsi sms in cantonese stretto del tipo: dove sito finìo, mona, e xè do' ore che speto! Anche questa, volendo, una lingua abbastanza al di fuori della mia portata, almeno fino a poco tempo fa. Ma poi, si sa, quando non ci sono alternative siamo tutti bravi ad apprendere l'arte di fare di necessità virtù e se il destino ce lo impone impariamo anche a muoverci in terreni linguisticamente ostili.

A me questa cosa dà un brivido di piacere infinito. Un'italianità maculata, rinnovata, imbastardita, che poi sarebbe all'incirca la stessa cosa che successe una quindicina di secoli fa ai confini dell'impero. La tua forza propulsiva è esaurita. Quello che di buono potevi fare te lo sei già lasciato alle spalle. Adesso, se sei furbo, permetti ad altri di prendere il tuo posto, ma fallo con grazia. Lascia che ereditino quello che hai prodotto e che merita di essere salvato, e dà loro il potere di reinventarlo con l'apporto di un codice genetico nuovo. Permetti a una civiltà rinnovata di emergere dalle ceneri di quella che l'ha preceduta. Lascia che le cose cambino, anche se questo significa accettare che sei venuto al mondo solo per assistere al declino della tua storia particolare. Magari alla prossima vita, se proprio ci tieni, ti toccherà qualche apogeo di civilità. Ma per il momento questo è il nostro destino, e amme mi piace un sacco. Primo, perché preferisco sempre il cambiamento alla staticità. E secondo perchè opporsi è clamorosamente inutile. Mettitela in tasca, Umberto: se la prossima generazione dovrà scegliere tra il frutto purissimo dei tuoi lombi e quello bastardo della razza che verrà, il destino della Trota è segnato. Perché come i barbari allora, loro sono molto più numerosi, forti e determinati. Mentre a te a forza di rimescolare sempre gli stessi geni insteriliti dai formaggi della Val Trompia lo vedi che t'è uscito fuori?

Col che si dimostra, tra l'altro, che alla fine di un ciclo c'è sempre giustizia a questo mondo.

Dubbi entropici

Com'è che a me quando mi tocca il turno del coltello dalla parte del manico m'assale sempre quest'ossessione della pietà per i vinti? Perché per una volta almeno nella vita non sono capace di catafottermene alla grandissima?

Non starei meglio, questo lo so. Ma servirebbe almeno a riportare lo stato delle cose a una condizione di elementare equilibrio.

martedì 27 luglio 2010

Dei molti modi in cui si possono mandare in vacca i benefici di un massaggio

Appena rientrata dalla mia terapeutica sedutina di massaggi mi sono resa conto di una cosa che avevo visualizzato sotto le mani di Karima e poi rimosso all'istante. C'era una radio che diffondeva musica da qualche parte, e a un certo punto in perfetta coerenza stagionale è partita Last Christmas - ma nel merito preferirei sorvolare perché è una lagna che mi faceva cagare all'epoca in cui uscì esattamente come oggi.

Solo che in preda a un feroce attacco di stream of consciousness m'è venuto in mente che si tratta di una canzone dei primi anni '80, e subito dopo che Karima nei primi anni '80 non solo non era nata, ma non era nemmeno in procinto di. Quando è nata Karima, George Michael era già notoriamente gay. E tutti noi sappiamo che fra le cesure tramite cui ci è necessario periodizzare la storia del mondo compare a pieno titolo anche quella che divide un ante e un post gaiezza di George. Chè lo sa il cielo quanto scopabile ci pareva prima che un dio cinico e baro lo sottraesse al nostro pudico panorama di sognanti voluttà postpuberali per consegnarlo a quello delll'altra metà del cielo.

Karima, verosimilmente, sarà nata agli inizi degli anni '90, il che significa che l'effetto che fa a lei una lagna vomitosa come Last Christmas non è molto diverso da quello che fa a noi Vola colomba bianca vola. George Micheal è la Nilla Pizzi della generazione di Karima, che già di suo è una notizia che fa male. Specie se tu invece appartieni a quella di George Micheal.

Ma poi torno a casa e leggo un post del signor Montecristo che fa all'incirca le stesse considerazioni che ho appena fatto io presenziando a un concerto di Elio e Le Storie Tese, e la tristezza e lo sconforto dilagano senza freni. Ci ho pensato. Com'è che per alcuni di noi è tanto difficile rassegnarsi a questa ovvietà? Forse ci frega il fatto di non avere figli. Per cui ne ho tratto questa considerazione: se vuoi continuare a sentirti giovane, non metterti in casa nessuno che possa negare l'evidenza. Se proprio ti tocca farti carico di uno che sbrodola incapace di badare a se stesso, al limite meglio nonno.

Holy sign

I was going for a walk near Los Angeles. There was a collapsed building that had burned down 40 years ago. The roof was gone. Trees were growing inside the building and it struck me as beautiful, wonderful to see how form returns to the formless. The city council had put up a sign which to me was a sacred sutra. The sign said: 'Danger, all structures are unstable'. To me, that was a holy sign. I said 'thank you'.
 
Eckart Tolle
 
E be' anch'io, nel mio piccolo, l'avrei presa proprio così. Tenuto conto poi che la città è Los Angeles...
 
Puttana miseria come sa essere inesplicabilmente bella e misteriosa la vita.
 

venerdì 23 luglio 2010

E' questo che significa esercitare il Potere

Accanto al mio albergo c’era un’area termale gigantesca. Duemila metri quadri di sulfureo benessere. Saune calde, tiepide, umide, secche, vaporizzate, aromatizzate o bollenti. Saune per tutti i gusti. E tra una sauna e l’altra, piscine termali di acqua calda gettate come perle in mezzo alle montagne. Ti mettevi a fare il morto a pancia in su e tutto intorno a te a 360 gradi vedevi solo massicci alpini placidi come pietrose mucche ruminanti. Solo quello valeva la vacanza. Ma il destino è stato generoso con me, e insieme ai 2000 mq di vaporosa ed essudante voluttà m’ha regalato anche dell‘altro.

La zona termale era di rigorosa filosofia nudista, una cosa che da italiana m’ha lasciato a bocca aperta. Perché a casa nostra c’è la tendenza a farsi condizionare dai limiti dell’estetica. Ti spogli se te lo puoi permettere. Se sei abbastanza giovane, abbastanza bello, abbastanza magro, abbastanza appetibile sotto il profilo sessuale rigorosamente circoscritto dall‘estetica da rotocalco, quella per cui la sensualità è una questione di maggiore o minore aderenza al Parametro, si intende. Altrimenti vale il principio che più ti copri e meglio è.

Invece nei paesi del nord non gliene frega una mazza a nessuno, e onestamente, una volta tanto, non si possono nemmeno invocare i lacciuoli della devozione, ché in Tirolo sono cattolici come e più di noi. E’ proprio una questione di libertà interiore rispetto ai vincoli imposti dalla morale cosmetica.

Ho capito che avrei adorato quel luogo proprio l’ultimo giorno, quando ho visto incedere sulla scala della vasca centrale una donna di quasi 70 anni che sembrava la riproduzione perfetta della Venere di Willendorf. Una tracimante divinità macroespansa che era larga quanto alta e non manifestava altra Verità che non fosse la serena consapevolezza di coincidere con il suo corpo nudo. E’ scesa in piscina e s’è lasciata andare al ritmo dell’acqua con bracciate placide e lente, e quando è arrivata proprio in mezzo alla vasca, s’è girata a pancia in su e ha allargato le braccia. Era una visione ipnotica. Una gigantessa galleggiante con le tette enormi che emergevano sulla linea dell’acqua come creature primordiali. Io, povera troglodita della consapevolezza, che sapevo bene con quanto minore charme avevo sceso quella scala, l‘ho osservata a lungo come la creatura superiore che era. Ho scrutato il suo corpo che beccheggiava appena al ritmo delle increspature, e ho subito talmente quel fascino primitivo da dea della terra e degli inferi, che non mi sarei stupita se dalla sua vulva sfacciata e nuda avessero cominciato a uscire creature mitologiche: serpenti acquatici, idre spinate, gorgoni e meduse, sirene, uccelli piumati, fenici e uroboros, e se da quel punto preciso del suo ventre, il Vuoto all’origine del mondo, avessero preso a moltiplicarsi e a riempire la terra. Dopo un po’ è uscita dall‘acqua. Ha preso l’accappatoio, se l’è passato sul viso, e poi s’è incamminata gocciolando verso la sua sdraio. Ed è stato quando s’è sdraiata spalancando le gambe come per una spaccata in orizzontale che ho capito che l’avrei ricordata per sempre. Volevo accorrere da lei, inginocchiarmi e supplicarla: ti prego, fa’ di me la sacerdotessa del tuo culto.

Poi, vabbè, alla fine non l’ho fatto. Però ci sono andata a tanto così.

giovedì 22 luglio 2010

Please enter your preyer

L'avevo appena letto in un libro piuttosto divertente e allora sono andata a controllare.

Be', esiste davvero. Sapete cos'è? Il servizio che si occupa di collocare le mail di preghiera all'interno del Muro del Pianto. Cioè, metti che tu sei ebreo (ma forse lo fanno anche per adepti di altri credo monoteistici originati fra il Tigre e l'Eufrate, non so, non ho indagato a fondo), e avverti l'esigenza di lasciare una richiesta in una fessura del Muro del Pianto come si fa da secoli per antica tradizione, ma magari non ti puoi permettere un viaggio fino in Israele, scrivi un'email e loro te la stampano e te la collocano in situ. Gratis. Al limite, se credi, puoi versare un'offerta.

A parte qualsiasi commento diretto sulla notizia (e Facebook? Non ditemi che manca il gruppo Join to Friends of Western Wall on Facebook!), devo dire che in linea di principio faccio parecchia fatica ad immedesimarmi in Dio. Però, se proprio esercito un disumano sforzo della volontà e provo a immaginarmeLo, mi viene da pensare che se mi capitasse di rivolgermi a qualcuno che per elevarmi una preghiera decide di scrivere un'email al servizio aish.com, non gli risparmierei niente. Manco le cavallette.

Leggete il libro se vi capita. Si ride un sacco.

mercoledì 21 luglio 2010

That's why I refuse to be afraid

Experience life in all possible ways — good-bad, bitter-sweet, dark-light, summer-winter. Experience all the dualities. Don´t be afraid of experience, because the more experience you have, the more mature you become

lunedì 19 luglio 2010

Quei giorni in cui non sei abbastanza

Il mio progetto di vita al momento sarebbe questo: piangermi addosso tutto il lacrimabile; dissolvere in un'unica cascata fradicia ogni grumo che continua a intorcolarsi al livello del quarto chakra inerpicandosi fino al quinto, come deduco dal fatto che ho anche la gola bloccata e mi manca il fiato per gridare; solubilizzare i rimorsi, liquefare i rimpianti, seppellire la cattiva coscienza sotto un muro d'acqua carico come la vendetta divina. Possibilmente farlo durante un temporale da tregenda, di modo che fuori e dentro ci sia solo acqua che scroscia talmente fitta da infilzarmi con punture di spillo. Resettare, insomma, ripulire, spazzare via, annichilire: peccati opere e omissioni. E poi sedermi in riva al fiume ad aspettare finchè non spiove e la luce riprende a filtrare tra le foglie.

Ora vado. E tornerò umida, ma felice. Fosse l'ultima cosa che faccio.

martedì 6 luglio 2010

Et trabem in oculo tuo non vides?

Mio fratello è venuto a trovarmi con la sua fidanzata praghese di origini morave, una ragazza bellissima con certi occhietti luccicanti che la rendono simile alla versione adulta e decisamente più arrapante di Pippi Calzelunghe. Ha gli occhi azzurri, la pelle chiara, la voce melodiosa come una specie di passerottino nordico delle nevi, e due tette notevoli che era impossibile non notare. Primo perché le tette quando sono adeguatamente supportate da dimensioni e inquadratura, per loro natura nascono per imporsi, e secondo perché in questi giorni facevano 5000 gradi fahrenheit, per cui andare in giro con lo scialletto di maglia non era proprio il caso.

Mentre io ero al lavoro sono scesi in città e hanno provato a visitare la basilica di S. Antonio dove non li hanno fatti entrare, perché lei aveva una maglietta con le bretelline e qualcuno ha ritenuto che le sue spalle sconce oltretutto supportate dalle tette – questo non gliel’hanno specificato ma bisogna saper leggere fra le righe – non si confacessero alla dignità del luogo.

Io non me la prendo con il principio in sé. Sempre pensato che le chiese sono di chi insiste a credere che Dio potrebbe avere un buon motivo per volerle frequentare, ed è giusto che le regole di ingresso se le facciano loro. Però così, come considerazione di massima, mi viene da pensare che una religione che non ammette per inadeguatezza una giovane donna nel fiore della sua potenza vitale, per venerare invece certe chicche che sprizzano gioia e amore cosmico da tutti i pori tipo questa, oppure questa, è qualcosa accanto alla quale per amor di pace possiamo anche fingere di poter convivere. Però lo facciamo per pura consuetudine bimillenaria. Sapete come vanno queste cose, in 2000 anni fai in tempo ad abituarti a tutto.

Basta tenere presente che un fenomeno di questo tipo inserito in un qualsiasi altro contesto clinico non supportato da pezze giustificative liturgiche, ci mette un attimo ad essere diagnosticato come perversione. Che comunque la metti, non è per niente una bella cosa.

venerdì 2 luglio 2010

Lascia fare a Madre Natura

Ho letto di un esperimento bellissimo fatto tra Israele e gli Stati Uniti. Pare che l'ovulo sano e maturo di una femmina emetta qualche tipo di straordinaria fragranza seducente che attrae gli spermatozoi come mosche sul miele. L'hanno dimostrato così: durante una serie di interventi di fecondazione artificiale in Israele hanno prelevato il liquido che circonda l'ovulo ormai carico e determinato a farsi fecondare a qualunque costo, e poi l'hanno spedito in America. A Dallas il professor David Gabers dell'Università del Texas ne ha preso una quantità infinitesimale e l'ha versata in una provetta dove c'erano cellule sessuali maschili. Be', l'effetto è stato impressionante. Tutti gli spermatozoi si sono girati all'istante e hanno cominciato a muoversi in quella direzione scavalcandosi uno con l'altro e azzuffandosi come in un'ammucchiata di football americano. La cosa bellissima è che c'era solo liquido, non l'ovulo vero e proprio, per cui quando la sarabanda di allupati è arrivata nel punto in cui era stata liberata la goccia, si sono fermati in blocco come allocchi nel tentativo inutile di dare un senso all'assoluta mancanza di ulteriori coordinate spazio-temporali.

Non lo so, mi fa cappottare dal ridere l'idea di questa gang bang di spermatozoi in debito d'ossigeno, piegati in due per recuperare fiato, sudati da far schifo, che dissimulano l'imbarazzo e sfuggono reciprocamente lo sguardo sapendo di aver fatto una figura di merda. Qualcuno fischia. Qualcuno torna indietro bestemmiando. Qualcuno commenta col compagno di cordata: la prossima volta col cazzo che parto per primo.

Chissà cosa costerebbe commercializzare questa cosetta. Perché da come la vedo io avrebbe il suo notevole potenziale sul mercato.