mercoledì 21 aprile 2010

Cavalli di razza

Fino ad oggi avevo sinceramente creduto che, in questo paese, il peggio del pulp-trash-fetish di deliranze nazionalistiche su sfondo tartufato di storia patria fosse incarnato da Emanuele Filiberto di Savoia, che insieme agli altri pregevoli membri del suo casato te lo vedi ogni tre per due sulle riviste di approfondimento politico tipo Eva Tremila. Mai meno di 6 pagine fitte fitte di intervista. Una fotina con le pargole nelle trine sullo stile famiglia dello zar Nicola II mentre fuori rotola la carrozzina e partono le prime bordate della Potëmkin, una fotina a Ballando con le Stelle, col tutino nero attillato pieno di lustrini e quel savuarfèr che se non sei cresciuto in Svizzera sulle sponde del lago Lemano col cazzo che puoi anche solo sperare di appropinquarti a quello stato di grazia ballerina, e una fotina con la moglie francese e l’immaginetta di Padre Pio di cui - e non potrebbe essere altrimenti – è fedele e sincerissimo devoto. Poiché mai s’è sentito nella storia di questo paese che si potesse raggiungere qualsivoglia posizione di prestigio nel crimine o nell’omerica assenza di buon gusto senza prima aver ottenuto il consenso informato di Padre Pio.

Ma adesso comincio a pensare che questo ragazzo, negli anni a venire, ci darà delle soddisfazioni. L’antiemanuelafiliberto. All’apparenze sembrano animati de sentimenti opposti, e invece sono due versioni della stessa macchietta del teatro dell’arte. Tanto uno specula sulla versione meringata dell’amor di patria, sullo zucchero candito del patriottismo e del Risorgimento, tanto l’altro ci sputa sopra in nome di un’ideologia fumosa da montanari avvelenati dalla texture dello sterco di vacca, che fa riferimento a una cultura fake-cimbrica e rinco-celtica che era estinta già ai tempi di Mario e Silla, ma che se esistesse ancora e fosse ipoteticamente ricostruibile almeno in parte, sarebbe forse alla portata di cultori di discipline classiche e filologiche coi controcazzi. Categoria a cui verosimilmente il Giovin Coglione non appartiene, giacché dei suoi trascorsi scolastici tutti sappiamo. Uno che ci sorprende quando si ricorda di scrivere il suo cognome con la doppia S, ammesso che se lo ricordi, visto che della cosa mancano comunque prove documentate. Nessuno dei due sa di cosa sta parlando, e a nessuno dei due peraltro frega un beneamato cazzo. Ma tutti e due hanno la viscerale percezione di pancia che la storia in qualche modo funziona. Che qualcuno li ascolta. Di più: che c’è gente che si riconosce in quello che dicono.

Sono belli entrambi, a modo loro. E a modo loro efficacemente rappresentativi di un’idea di Stato che è parecchio somigliante al vero. Certo, ci resta la libertà di prenderli per il culo, e non è cosa da poco. E anche se c’è stato un tempo in cui per il Destino della Nazione avevamo aspirato a qualcosa di più, ormai siamo arrivati tutti all’età della riflessione. Deve essere vero quello che raccontava Pangloss: questo è il migliore dei mondi possibile. Compatibilmente.

1 commento:

  1. Mì, dyo quanto t'invidio!!! Se sapessi quanto avrei voluto scriverle io 'ste cose sul blog delle malvestite...

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