martedì 15 giugno 2010

Editor del menga

Apprezzo il fatto che gli amici di blogspot arricchiscano il loro parco template.

Ma perché cacchio le foto si allineano solo a sinistra malgrado il ricorso agli appositi comandi di centratura?

Sono cose che indispettiscono l'utenza.

P.S. Vabbè, un minuto dopo l'ho capito da sola. Ma ormai il post è andato, e sono quelle cose ineluttabili a cui conviene rassegnarsi.

lunedì 14 giugno 2010

That's why egyptians called them gods

Mezzogiorno e un quarto. Un caldo africano. Gli studenti vengono rigurgitati fuori dalla facoltà inondando il cortile di chiacchiere a base di psicocazzate. Mi guardo intorno, e un curioso articolarsi della folla attira la mia attenzione. Mi avvicino, e ne ho conferma. Appena fuori dalla porta di ingresso a Psycho 1 le masse studentesche si fendono in due. Invece di uscire compatti in un flusso unico, si articolano ordinatamente in una doppia corrente come per non calpestare qualcosa che non riesco a vedere. Sono troppo lontana. Mi avvicino ancora. Capisco.

C’è il tigrone. Non ha un nome preciso, ognuno lo chiama come gli pare, ed è una cosa che ho sempre apprezzato. In questa facoltà abbiamo una colonia felina regolarmente registrata presso il comune di Padova a nome del dipartimento. Se ne occupa soprattutto una collega della didattica insieme al supporto più o meno collaborativo di altri uomini e donne di buona volontà.

Siccome son gatti, in perfetta coerenza di specie non c’è niente di definitivo che possiamo dire di loro. Non sappiamo esattamente quanti sono: numero fluttuante. Non sappiamo se siano imparentati fra loro o se abbiano scelto di condividere l’esperienza comunitaria per pure affinità elettive. Non sappiamo nemmeno come chiamarli, e infatti non gli abbiamo dato un nome, perché, insomma, sono adulti, e fra loro si chiameranno un po’ come cazzo gli pare. Quanto a noi, ci cagano a malapena se chiediamo timidamente il passo alla guida dell’auto quando tracimano della loro imperiale indolenza sulla rampa del garage, figuriamoci se si sognano di rispondere a un richiamo nominale. Come se il gatto fosse quel genere di animale che ti permette di scegliere qualsiasi cosa che lo riguardi senza il preventivo imprimatur della sua cancelleria…

Ed è così che va anche ora, di fronte a Psycho 1. Decine e decine di ragazzini che sciamano verso un panino ristoratore e che fanno ala in mezzo al cortile per non disturbare il tigrone. Che s’è sdraiato là sulla grata – perché metallica e quindi fresca – e si lecca una zampa passandosela dietro l’orecchio, con quella precisione chirurgica propria solo della creature intimamente consapevoli del loro regio diritto di stare al mondo, e sideralmente incuranti dell’eventualità che altri organismi senzienti possano avanzare analoghe pretese. Lo capisco dalle occhiatine che tira in giro, tra una passata di lingua rasposa e l’altra. Dissimula, finge di essere preso dalle sue occupazioni, si vede bene che non vuole dare soddisfazione. Ma dentro di sé gli urge una certa questione piuttosto pressante che volendo si potrebbe riassumere così: ma voialtri siete sicuri che non c’avete proprio un cazzo di meglio da fare?

mercoledì 9 giugno 2010

Words of wisdom

A great deal of intelligence can be invested in ignorance when the need for illusion is deep

Saul Bellow

E se questa non vi sembra profonda, ragazzi, vuol dire che sulla profondità la pensiamo in maniera davvero diversa.

martedì 8 giugno 2010

Chicche in grado di risollevarmi l'umore

Leggere di un elefante a spasso per le vie di Zurigo mi ha messo allegria. Sarà che gli svizzeri si portano dietro una serie di luoghi comuni piuttosto in conflitto con la configurazione morfologica di un elefante, specie un elefante a passeggio sulla via dello struscio, ma che ne so? M’è parso un modo stupendo per annunciare un martedì scintillante dopo un lunedì piuttosto merdoso. Senza che il lunedì avesse particolari colpe, o il martedì speciali meriti assolutori. Non posso dire sia dipeso dagli eventi insomma. E’ più una cosa che ha a che fare con i vagheggiamenti interiori della mia psiche beccheggiante tra i marosi. Ché io, prima di giungere a intravedere certi picchi zen, ce n’ho di pagnotte da mandare giù.

Comunque l’articolo ha un paio di perle davvero notevoli. Una è quella che dice che Sabu è riuscita a fuggire in un momento di confusione. Perché ragazzi, va bene tutto – le tasse, le corna che prudono, i figli che si drogano - ma a che cazzo stavate pensando se v’è sfuggito il dettaglio di un elefantessa in marcia verso il centro storico di Zurigo? Ho capito che alle volte uno s’alza preso dai suoi pensieri, ma c’è un limite a tutto. Un elefante che dirazza verso l’autostrada e passa il casello pistonando sui suoi zamponi invece di ritirare il tagliando dall’apposita fessura, è dura confonderla con una bisarca!

E poi c’è il passaggio che accenna al fatto che alla fine della gita la povera Sabu è stata catturata dalla polizia. Che anche quello spinge a farsi delle domande. Tenuto conto che l’ultima volta che hanno visto degli elefanti sulla linea delle Alpi credo sia stato ai tempi di Annibale - e anche lì col binocolo, perché mi pare che passarono sul versante francese - la municipalità elvetica in questi casi che tipo di protocolli segue? Perché anche con un vasto spiegamento di forze, bloccare un elefantessa e ammanettarla è un’operazione logistica di una certa complessità. Per cui che vuol dire esattamente che è stata catturata dalla polizia? Le hanno fatto telefonare al suo avvocato? L’hanno tradotta in commissariato per farle il numero del poliziotto buono e quello cattivo? Da come la vedo io mi pare molto più probabile che si siano limitati ad andarle dietro mantenendosi a prudente distanza e tirandole qualche banana ogni tanto, e abbiano telefonato al domatore chiedendogli cortesemente di venire a riprendersela. Una roba che onestamente senza tirarmela tanto potevo fare anch’io. Che non sono poliziotta. E manco svizzera, a Dio piacendo.

lunedì 7 giugno 2010


Comunque se siete molto scoglionati tipo me stamattina, questo è davvero un bel modo per farsela passare.

E se non conoscete ancora Hap e Leonard vi consiglio di colmare la lacuna prima possibile.

Non credo che poi starete meglio. Però vi sentirete senz'altro in buona compagnia.

Piccole speculazioni del lunedì


Esiste il silenzio delle parole. E il silenzio delle emozioni. Il silenzio delle parole, a saperlo usare, comunica più di una sinfonia. E’ perfino improprio chiamarlo silenzio. Silenzio di che? Certi silenzi scavano buche, riempiono vuoti abissali, ti prendono lì dove sei e ti frullano in certe dimensioni metafisiche che prima di quell’attimo non sapevi neppure che esistessero. Il silenzio è l’unica condizione implicita all’intimità.

Il silenzio delle emozioni? Anche quello scava buche, ma non riempie vuoti e neppure ti avvicina alle dimensioni metafisiche. Non è difficile da riconoscere, perché brucia quando ti avvicini. Le persone prudenti in genere fanno un passo indietro. Le persone ambiziose intuiscono il potenziale di rinforzo positivo che gli verrebbe dall’insistere accanto a quel calore, e se hanno fegato resistono finché è possibile continuare senza riportare danni permanenti. Le persone più vuote che vive invece ci sentono la vertigine. S’affacciano, e ogni momento è buono per dirsi che si tireranno indietro. Ma non sono loro ad avere l’ultima parola e non sono mai loro a decidere.

Perché le persone vuote sono ricattabili. Oltretutto non le puoi uccidere, lo sanno tutti. Sopravvivono, ed è questo che ne fa le vittime ideali. Se non c’è cadavere, non c’è reato.

martedì 1 giugno 2010

Braccia rubate al Grande Fratello


- Cara, ti ricordo che in biblioteca è proibito l’uso del telefono cellulare.

Faccia stralunata, occhio pallato, espressione ai limiti dell’indicibile, linguaggio corporeo interamente devoto all’atto di trasmettere paraverbalmente l’assoluta inconcepibilità della richiesta appena udita.

- Ah si? E perché?

E questi sono quelli che hanno superato i test d’ammissione obbligatori.

Figurati gli altri.